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Primarie vere: Bologna al centro

Alberto De Bernardi mercoledì 26 Maggio 2021
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di Alberto De Bernardi

Dopo una decina di giorni in cui la campagna elettorale per le primarie a Bologna è entrata nel vivo, il quadro comincia a farsi più chiaro. Innanzitutto, Bologna assume un centralità politica del tutto nuova con la discesa in campo di Isabella Conti, sindaca di San Lazzaro, che non svolge il ruolo della bella statuina per fare da corona a candidato incoronato da Pd, ma consente alle primarie di essere quello strumento di partecipazione politica e di delega ai cittadini della scelta, come recita lo statuto del PD. Altrove questo non sta accadendo. A Roma le primarie stanno cadendo nel ridicolo con il Pd che sta cercando candidate/i fasulle/i da mettere intorno al designato Gualtieri, senza nemmeno cercare di nascondere questa deriva; nelle altre città non sono state ancora indette e forse nemmeno lo saranno, perché il Pd, paralizzato dall’alleanza con i 5S che non decolla perché quel movimento di fatto non esiste più, non è in grado di esibire nemmeno dei candidati.

Bologna dunque invece di costituire un luogo marginale nel quadro delle elezioni regionali, cui era destinata, rischia di diventare centrale perché la candidata proposta da Renzi ha qualche chance di vincere la competizione delle primarie, assestando all’autorappresentazione del Pd come “partito-stato” locale un colpo ancora più duro di quello inferto da Guazzaloca nel 1999, che avrebbe per quel partito evidenti conseguenze nazionali. Ovviamente questo rischio non si sarebbe nemmeno palesato se Letta avesse accettato la proposta di Renzi di candidare insieme – Pd e IV – Isabella Conti come sindaco di Bologna. Ma il Pd nazionale e locale non hanno nemmeno preso in considerazione questa possibilità, convinto che l’elezione del sindaco della città felsinea sia materia “non negoziabile” che riguarda esclusivamente il Pd e che con Lepore alla testa sarebbe stata non solo un “passeggiata di salute” – dall’alto del consenso che ha il partito in città e della forza dell’alleanza di sinistra tra Coalizione civica della Scklein e del M5S di Bugani – ma anche un esperimento in linea con l’asse politico egemone nel Pd (Zingaretti/Bettini/Boccia che Letta non ha nemmeno scalfito) intenzionato a rimuovere persino la memoria del “renzismo”.

L’eterogenesi dei fini
E invece una ragazza di 40 anni, che vanta, però, dalla sua un plebiscito popolare per la riconferma a sindaca – è stata eletta con l’81% dei suffragi – dovuto in larga parte alla battaglia ingaggiata contro le cooperative per impedire l’edificazione di un complesso residenziale che avrebbe determinato un alto consumo di suolo, rischia di fare saltare questo castello di certezze e di boria politica.

Le ragioni sono diverse. La prima è che l’immagine del partito forte e unito come una testuggine romana nella piena disponibilità del suo condottiero Lepore è del tutto infondata. Il Pd è diviso perche Lepore è un candidato imposto dai soliti circuiti politici ed economici che hanno sostenuto Merola e dettato gli equilibri interni del Pd per oltre un decennio: più che un candidato, è un predestinato, che si è fatto forte solo di questo, senza valutare che la sua esperienza di amministratore non è stata particolarmente brillante, che l’asse “sinistra-sinistra” non era, né poteva essere condiviso dall’intero partito, e soprattutto che i suoi competitori interni non erano figurine di carta, ma espressive di convinzioni e di radicamento se non superiori, per lo meno identiche a lui.

Per mesi abbiamo assistito a un dibattito interno ovattato, ma chiaro nel quale pezzi consistenti del partito rammentavano che quella candidatura non era forte e condivisa e che Lepore non era in grado di unire il partito saltando le primarie, e andando alla ricerca di altre candidature interne e esterne, di cui quella della Gualmini è stato il caso più eclatante. Il gruppo di comando del Pd ha voluto fare una forzatura, certo che si sarebbe trovata una quadratura interna accontentando i riottosi come si fa in questi casi, ma la discesa in campo della Conti ha fatto saltare questo disegno, diventando l’esplicito punto di riferimento di quanti nel Pd non volevano sostenere Lepore.

Ne è venuto fuori un capolavoro di impazzimento politico: la ricerca fallita di un candidato “unitario” per evitare le primarie si è trasformata in una esplosione del partito in mille rivoli. Infatti i competitors di Lepore, Aitini e Lombardo che da mesi, sbeffeggiati dal gruppo dirigente locale, chiedevano le primarie, per dirimere in maniera trasparente le divergenze di indirizzo politico, ora, dopo che le primarie sono diventate indispensabili, sosterranno la Conti spaccando esplicitamente e verticalmente il partito; lo scontro Lepore Conti racchiude in sé uno scontro tra linee e correnti all’interno del Pd, aggravato da fatto che ai due dirigenti, che comunque rappresentano più della metà dei membri dell’assemblea cittadina, si sono aggiunti altri pezzi del partito e soprattutto la Gualmini, che evidentemente non aveva preso bene le pressioni esercitate su di lei per farsi da parte.

Come un pugile suonato
Di fronte a questo mutamento di scenario il Pd ha inizialmente cercato secondo la miglior tradizione della sinistra comunista di delegittimare l’avversario utilizzando lo stesso linguaggio con cui i comunisti mezzo secolo fa aggredivano gli avversari accusandoli si essere al soldo del capitalismo e degli americani: Isabella Conti era un coniglio tirato fuori da Renzi per distruggere il pd e la sinistra. Bettini e Lepore hanno sostenuto addirittura che bisognava impedire che Renzi prendesse “lo scalpo” di Bologna, come nelle elezioni regionali lo avevano impedito a Salvini. Con lo schema Renzi=Salvini, che forse gli avevano suggerito gli intellettuali di sinistra del Fatto Quotidiano e dell’Espresso, il gruppo di comando del Pd ha tentato di azzoppare l’avversario, nella speranza di annientarlo agli occhi dell’opinione pubblica facendola apparire una donna di paglia al servizio del “male”.

Ma anche in una città come Bologna, dove il Pd conta, questo schema non è durato lo spazio di un mattino, anche se ancora oggi lo ripetono terze file del gruppo dirigente del partito. È saltato perché sottovalutava la forza della sindaca di San Lazzaro, perché il tentativo del character assassination non ha tenuto conto del peso che la “questione femminile” ha nell’opinione pubblica democratica e, soprattutto, dell’effetto controproducente giocato dal tema “donne che odiano le donne”, emerso anche in questa circostanza (l’azione messa in atto dalle dirigenti donne del Pd che hanno aggredito la Conti ha avuto l’effetto devastante di un elefante nella vetreria).

Ma lo schema è saltato soprattutto perché, mentre, sindaco in testa, tutti i dirigenti apicali della maggioranza zingarettiana di Bologna e di Roma enfatizzavano la strategia della delegittimazione, pezzi sempre più consistenti del partito abbandonavano la nave che stava affondando e soprattutto tante donne della società civile si schieravano a favore della giovane sindaca. In pochi giorni si è verificato un effetto boomerang di straordinaria potenza che ha rivelato tutti i limiti strategici del Pd “bettinizzato”: un gruppo di potere senza bussola, che pensa di sopravvivere al declino alleandosi con il M5S di Bugani, che è ormai un barca alla deriva, nascondendosi dietro le sardine, i centri sociali amici dello sballo e una piccola intellighenzia di canute/i “amici di Conte” che ruota intorno al Mulino e al Domani, e sventolando il consunto drappo rosso dell’”antirenzismo”, senza nessuna visione della città che non sia la riproduzione di quella vecchia immobile e consociativa, aggiornata con un po’ di anticapitalismo di maniera, di “green” e di retorica contro le diseguaglianze.

Primarie vere
La partita che sembrava chiusa con un fronte popolare/populista capeggiato da Lepore e un cdx unito nel quale era confluita una composita galassia di moderati laici e cattolici, si è riaperta in maniera repentina rendendo meno attuale il “rischio 1999” quando le divisioni interne dell’allora Pds e l’assenza di progettualità regalarono la città a Guazzaloca. Il “fronte” fibrilla e chiede a Lepore di spostarsi ancora di più a sinistra creando di fatto un’alleanza radicale che con il csx ha poco a che fare, trovando nelle primarie contro Isabella Conti la sua definitiva legittimazione; il centrismo, a Bologna, ha una lunga tradizione e ora rappresentato da Galletti e da Casini guarda a quest’ultima, garantendo un esplicito sostegno, per giocare un ruolo significativo nella elezioni di ottobre; la destra è più isolata e senza candidati plausibili.
Mai come a Bologna le primarie sono sostanziali e aperte a ogni risultato e costituiscono uno strumento politico per affidare alla partecipazione dei cittadini la scelta su come la città sarà nei prossimi dieci anni.

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