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di Alberto Colombelli

 

È la sera di martedì 8 ottobre 2019. La Camera dei Deputati ha poco fa approvato in quarta lettura la definitiva approvazione della riduzione del numero dei parlamentari. Scorrono nelle case di ciascuno di noi immagini di gruppi parlamentari festanti celebrare un risultato storico. Che si associano a quelle di altri gruppi che pur avendo votato favorevolmente il provvedimento esprimono chiaramente sentimenti opposti. Un clima quasi irreale che paradossalmente è invece il risultato proprio di un estremo realismo politico.

 

Il veleno del proporzionalismo

Di quando il contesto sembra inevitabilmente dettare senza possibilità di resistenza, se non con strenui correttivi attraverso i quali il senso di responsabilità cerca di porre rimedio, il destino di una nazione.

Mi piace, anzi ne sento fortemente l’esigenza, chiudere questa giornata ritornando alla serata del 27 ottobre 2014. Quando con oltre due anni di anticipo rispetto alla ormai fatidica data del 4 dicembre 2016 ebbi il piacere di organizzare, con il supporto della Segreteria cittadina del Partito democratico, il primo evento a Bergamo dedicato alla proposta di riforma costituzionale che insieme a tanti amici sostenni poi con ogni possibile energia nei mesi successivi.

L’occasione quella sera era la presentazione del libro dell’amico Salvatore Vassallo da un titolo che proprio oggi mi appare di un’attualità ancora più sconvolgente per chi vive nella consapevolezza che il nostro futuro dipende dalla nostra capacità di mantenere la Politica al centro della scena, quale presupposto essenziale per sperare di poter disporre ancora di una  visione all’altezza della missione che si intende perseguire.

“Liberiamo la politica. Prima che sia troppo tardi” (Il Mulino, 2014) è il titolo del prezioso libro di Salvatore. Un messaggio da urlare forte questa sera di fronte alla decisione quasi unanime (con soli 14 voti contrari e 2 astenuti) dell’intera Camera che in quarta lettura ha definitivamente approvato la riduzione del numero dei parlamentari, di originaria proposta del M5S, che “colpisce direttamente il legame rappresentativo che sostanzia la nostra democrazia parlamentare, producendo un danno assai grave al principio di rappresentanza; un fatto che non è stato ancora ben messo bene a fuoco, probabilmente, dai cittadini, prima che da studiosi, commentatori o politici.” (Francesco Clementi, “Osservatorio sulle fonti”, Fascicolo 2/2019).

Diceva sempre nel 2014 in quel suo libro Salvatore Vassallo che “Se il veleno del proporzionalismo iniettato dei giudici della Corte costituzionale entrasse in circolo, allora sì che, di fronte alla moltiplicazione dei partiti e a un Parlamento incapace di decidere, molti comincerebbero a dire che e meglio liberarsi della politica democratica, invece di liberarla”.

 

Governabilità e rappresentanza: entrambe penalizzate

Quanto prodottosi oggi ne è la più classica evidenza. Il proporzionalismo impone scelte durissime di fronte a equilibri fragili che – in un’epoca di frammentazione politica, associata a polarizzazione delle posizioni, mobilità estrema dell’elettorato e prevalente riconoscimento di forme di leadership fortemente esibite – portano inevitabilmente ad abbassare sempre più l’asticella, facendo immancabilmente il gioco del peggiore. E posso solo immaginare la sofferenza in queste ore, in questo preciso istante, di chi con alto senso di responsabilità istituzionale si è trovato costretto oggi più che mai a fare scelte diverse rispetto a proprie prospettive ideali perseguite lungamente.

Così tra governabilità e rappresentanza si è giunti progressivamente fino al punto di decidere di penalizzare entrambi.

E, ancor più grave, tutto in un clima di sostanziale assordante silenzio.

Che perlomeno se ne abbia piena consapevolezza. Presupposto essenziale affinché cinismo, tatticismo e arrivismo smettano quanto prima di essere strumento di azione politica e di realizzazione personale, quale che sia il contesto. E che ideali e valori riprendano il loro posto quali uniche virtuose guide verso un futuro di speranza da tenere quanto più possibile acceso insieme.

Così con coraggio, passione, visione e perseveranza recuperiamo le nostre sfide riformiste, sempre più necessarie e sempre più attuali.

 

Il nostro futuro dipende dalla visione maggioritaria

Non c’è contesto e contingenza che tenga.

Il nostro futuro dipende da vocazione e visione maggioritaria, da difendere rilanciando una nuova stagione di riforme istituzionali. Così come dipende altresì dalla capacità di dare piena concretezza ad una politica transnazionale europea, l’unica in grado di affrontare le articolate e complesse questioni del nostro tempo.

Due sfide chiare, esclusive e prioritarie, da sempre le nostre, oggi ancora di più.

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