di Claudio Alberti
Con la fine del nefasto 2020, la crisi del Governo Conte 2 è diventata quasi ineluttabile, spinta avanti dagli attacchi dei renziani di Italia Viva, e arginata sempre più a fatica dagli altri partner della coalizione. A difendere l’attuale esperienza di governo è però rimasta – oltre ad alcuni mezzi di comunicazione molto “sensibili” ai richiami del populismo gentile del Presidente del Consiglio – un’ampia fetta di opinione pubblica, come dimostrerebbero gli indici di gradimento del Premier, diffusi con encomiabile tempismo ogni volta che c’è bisogno di ridare un po’ di effetto allo spin politico del duo Conte-Casalino.
Un problema che si fa sempre più evidente sta nei modi e nelle motivazioni alla base della difesa. Mi pare che, dovendo razionalizzare il perché sia impossibile far cadere il Conte 2, i difensori ricorrano essenzialmente a quattro “macro-motivi”: 1. non ci si può buttare nell’instabilità mentre siamo nel bel mezzo di una pandemia; 2. non sono ammessi ritardi di fronte agli osservatori internazionali, in attesa che arrivino i soldi del Next Generation UE; 3. a seguito della caduta di Conte e delle elezioni, Palazzo Chigi sarebbe “invaso” dalle orde salvinian-meloniane; 4. non ci sono reali alternative all’attuale assetto istituzionale.
Tutti gli argomenti sono razionali e rispettabili, ma l’osservatore non può non notare che manca, tra di loro, l’“argomento principe”, che nel migliore dei mondi possibili sarebbe scontato e automatico: il Governo non può cadere perché deve continuare il suo percorso di riforme e la sua importante azione, e deve concludere l’attuazione del programma. Anche se qualche ottimista, ogni tanto, si permette timidamente di lanciare questa risposta in pasto all’opinione pubblica, essa si dimostra così priva di forza da non essere presa in considerazione, da nessuno dei notisti o dei leader politici. Lo stesso Zingaretti ripete in continuazione che “il Governo va avanti se fa le cose”, sottintendendo con ogni evidenza che ciò che accade è l’esatto contrario. Qualche mese fa, quegli ottimisti di cui sopra avevano provato, d’altronde, a venderci la balla del “modello italiano” contro il Covid-19: se solo lo spirito del Natale futuro gli avesse rivelato come avremmo passato le attuali feste, persino loro sarebbero stati condotti a maggiore cautela per tempo, e con un po’ di vergogna.
Si può fingere che l’inconsistenza dell’argomento principe non sia un problema, e tirare avanti puntando tutto sul macro-motivo 4 (assenza di alternative), il più triste di tutti, ma bisogna ammettere che questa strategia non ha portato, finora, a grandi risultati. Bisogna anche concedere, inoltre, che a tale asserzione manca una reale controprova, e che in questa bizzarra scena politica che si agita in questo altrettanto bizzarro mondo, potrebbe anche finire che una qualche alternativa ci sia, dopotutto. Si può continuare a difendere il Governo, inoltre, brandendo il macro-motivo 3 (Salvini+Meloni eia eia alalà), ma prima o poi a qualcuno potrebbe venire il dubbio che, in fin dei conti, se la destra continua a correre così nei sondaggi, forse è anche perché qualcuno dall’altra parte non corre abbastanza, forse proprio perché offre performance di Governo non certo invidiabili. Continuare con l’attuale rotta, quindi, finirebbe per rafforzare il nemico che preme alle porte, e allora tenere in vita il Governo e le sue performance rappresenterebbe un guadagno degno della Maria Cazzetta tanto cara a noi romani.
Il macro-motivo 1 (instabilità vs. pandemia) sarebbe anche buono, se non fosse che chi lo propugna è pronto a mandare ai seggi con nonchalance qualche decina di milioni di italiani in contemporanea, di qui a qualche mese. Richiamare la pandemia come problema insormontabile per una crisi, ma negare che lo sia per organizzare delle elezioni, semplicemente non sembra stare in piedi, inutile girarci intorno.
Il macro-motivo 2 (Next Generation UE) è il più politico, e quello che potrebbe dare fiato all’argomento principe: ma a) bisognerebbe dimostrare che il Governo sia effettivamente in grado di affrontare questo gravoso compito, e b) iniziare da qui vorrebbe dire, tutto sommato, dare ragione a Renzi, che proprio da quel punto ha fatto partire le sue bordate. Quel Renzi che è anche un po’ un macro-motivo 5, inviso com’è a tanto elettorato, grande protagonista della politica e leader, ma anche visto come inaffidabile e “innominabile”, spina nel fianco, manovratore imperscrutabile a cui non la si vorrebbe dare vinta. Ma che su molte osservazioni non abbia un po’ ragione, è davvero arduo da sostenere.
Ecco, allora, che partendo dalla consapevolezza del problema dell’assenza dell’argomento principe, e passando per il macro-motivo 2, si arriva alla speranza che con l’anno nuovo, se proprio si dovrà difendere il Governo Conte, almeno lo si debba fare perché ne vale la pena, perché sta facendo quello che ci si aspetta da lui. Resta l’ultima domanda, a questo punto: dopo così tanto tempo perso, quanti di noi sono ancora convinti che lo possa fare?