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di Ileana Piazzoni

 

Sul reddito di cittadinanza – Capitolo 2

 

Dunque, eravamo arrivati alla proposta di legge del M5S presentata nella scorsa legislatura, con importi del sussidio che partivano da 780 euro per un singolo per arrivare a 3.120 euro per una famiglia numerosa. Nella stessa proposta, erano indicati vari tipi di coperture (soprattutto tagli a presunti sprechi) per 17 miliardi di euro.

Come è noto, nessuna di quelle coperture esiste ora, essendo il RdC tutto finanziato in deficit, cioè aumentando il debito pubblico. Il costo per il 2019 è di 5,974 miliardi di euro, per lievitare a circa 8 miliardi nel 2021.
Una grande differenza dunque. In realtà, come avevano ben spiegato Massimo Baldini e Francesco Daveri qui https://www.lavoce.info/…/reddito-cittadinanza-m5s-perche-…/, il costo di quanto propagandato dal M5S sarebbe stato ben più alto, pari a 29 miliardi (Boeri aveva calcolato 33 miliardi).

Come si scende dunque a circa 7 miliardi (quest’anno il costo è minore perché partirebbe ad aprile)?

Innanzitutto, restringendo la platea: non più coloro che si trovano sotto la soglia di povertà relativa ma solo una parte di coloro che si trovano sotto quella di povertà assoluta (dopo varie riduzioni siamo arrivati a 3,5 milioni su 5 milioni). E’ una scelta giusta, perché la povertà relativa (simile all’indice di rischio di povertà) è in realtà un indice di disuguaglianza, e gli interventi di reddito minimo in tutti i paesi Ue hanno una soglia pari a circa la metà di quella del “rischio di povertà”. Infatti abbiamo provato a spiegarlo per anni, mentre ci coprivano di insulti.

Però hanno promesso 780 euro al mese a 9,5 milioni di persone, ne daranno molti meno a 3,5 milioni.

 

 

L’altra riduzione di costo avviene con l’escamotage, già individuato come abbiamo visto a suo tempo, dell’affitto imputato: se si vive in una casa di proprietà, dai 780 euro viene detratta una cifra mensile di 280 euro. Avranno quindi diritto al sussidio pieno solo coloro che vivono in affitto (e i 280 euro sono fissi qualunque sia la composizione del nucleo familiare).
E poi c’è la scala di equivalenza, cioè lo strumento matematico con cui si calcolano i redditi e i bisogni di un nucleo familiare tenendo conto delle c.d. economie di scala (le spese per due persone che vivono insieme non si raddoppiano rispetto a quelle di una persona che vive sola e così via).

Il Rei utilizza la scala di equivalenza dell’Isee. Il RdC no, e non usa nemmeno la scala di equivalenza OCSE modificata, utilizzata nella pdl della scorsa legislatura e citata nel cd contratto di governo. Il RdC utilizza una scala di equivalenza molto “piatta”, cioè che fa aumentare molto poco il sussidio man mano che si aggiungono componenti alla famiglia dopo il primo, e assegna coefficienti minori in caso di componenti di minore età: penalizza dunque soprattutto le famiglie numerose con figli di minore età, cioè la fascia di famiglie che più subisce gli effetti della povertà.

Geniale, no?

In più hanno tolto molti nuclei familiari con la clausola della residenza da almeno 10 anni: moltissimi stranieri extra Ue (con il Rei dovevano essere residenti da almeno 5 anni), molti stranieri provenienti da paesi Ue (con il Rei dovevano essere residenti da almeno 2 anni), ma anche molti italiani rientrati da un’esperienza all’estero. Tutte persone che, attenzione, attualmente hanno accesso al REI e da aprile non avranno più accesso a nessun sostegno.

(continua…)

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