di Pietro Ichino
Il decreto-legge varato dal Governo in questi giorni non soltanto contiene errori di impostazione che mineranno il funzionamento del sussidio, ma fa anche danni al sistema esistente dei servizi al mercato del lavoro.
Tutti concordano sul punto che tre beneficiari su quattro delle misure contro la povertà non sono realisticamente candidabili per un inserimento ordinario nel tessuto produttivo: vuoi per ragioni di età o di disabilità fisica, vuoi per handicap psichici o di natura sociale non neutralizzabili, neppure con un’assistenza di livello eccellente. Ciononostante, il Governo, nel decreto varato in questi giorni, ha deciso di impostare l’intero schema del cosiddetto “reddito di cittadinanza” (RDC) come misura di politica del lavoro, per sottrarne la gestione ai comuni.
Come se non bastasse ha condizionato l’erogazione del sussidio alla disponibilità del beneficiario ad aderire “almeno alla terza offerta di lavoro congrua” che gli pervenga entro il primo anno.
Nessuno, evidentemente, ha informato il Governo che da ormai mezzo secolo le aziende non comunicano più agli uffici di collocamento posti di lavoro che possano essere offerti a Tizio o a Caio indifferentemente: nessuna azienda offre un’assunzione “al buio”, prima di aver vagliato attentamente le attitudini e motivazioni del candidato.
Tanto meno lo farebbe con la prospettiva di vedersi avviare una persona non qualificata, che per di più si presenterebbe solo perché costretta. Il meccanismo di “condizionalità”, previsto per limitare la natura assistenzialistica del sussidio, non può dunque funzionare.
Quel che è peggio, però, è che nello stesso decreto è contenuta questa disposizione strabiliante: si esclude chi ha perso il posto, e sta godendo del trattamento di disoccupazione (NASpI), dal servizio di assistenza qualificata istituito nel 2015 e finanziato con l’assegno di ricollocazione; e lo si riserva ai soli beneficiari del RDC, per i quali per lo più esso non può funzionare!
Giorni fa, in un incontro pubblico, ho chiesto al sottosegretario al Lavoro Durigon perché i fruitori della NASpI siano stati esclusi dall’assegno di ricollocazione; la risposta è stata: “Perché fin qui ha funzionato male”. Ho insistito: “Mi scusi, sottosegretario, ma se così è, che senso ha riservarlo ai percettori del RDC, cioè a una platea ancora più problematica?” Non ha ritenuto di rispondermi.
Già senatore del Partito democratico e membro della Commissione Lavoro, fa parte della presidenza di Libertàeguale. Ordinario di Diritto del lavoro all’Università statale di Milano, già dirigente sindacale della Cgil, ha diretto la Rivista italiana di diritto del lavoro e collabora con il Corriere della Sera. Twitter: @PietroIchino
Anche l’impostazione pentastellata del RdC rivela una complessiva concezione burocratica e centralistica dello Stato contraria ad ogni innovazione rispettosa della necessaria autonomia di Territori e Aree urbane sulla base del principio di sussidiarieta. Rivela cioè concezioni in controtendenza rispetto al progetto di integrazione europea.