di Marilù Tamborino
Le esigenze di autonomia
La riforma del titolo V della Costituzione del 2001 ha introdotto all’art. 116, comma 3, la possibilità di attribuire alle Regioni “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” sulla base di un’intesa tra lo Stato e la regione interessata.
L’esigenza di dotarsi di un’autonomia “speciale” è oggi sentita da tutte, o quasi, le Regioni italiane, a prescindere dalla storia, dalla configurazione geografica, dall’identità culturale: è un’esigenza che non ha nulla a che vedere con le vecchie istanze di specialità.
Le odierne istanze regionali portano necessariamente ad una revisione del culto per l’uniformità che ha caratterizzato sino ad oggi l’evolversi del regionalismo italiano. L’art. 116, comma 3, potrebbe rappresentare una importante occasione per adeguare l’impianto complessivo delle istituzioni politiche e amministrative alle nuove sfide cui debbono far fronte le Regioni, per far sì che l’azione pubblica coniughi efficienza ed equità.
L’autonomia differenziata
Ai sensi dell’art. 116, terzo comma, della Costituzione – come modificato dall’art. 2, comma 2, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 – alle regioni a statuto ordinario possono essere attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, limitatamente però a determinate materie e seguendo uno specifico procedimento. Di seguito il testo:
“Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi di cui all’articolo 119.
La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata” (art 116, terzo comma, Cost.).
Prima di tutto si evidenzia come la procedura di attivazione per l’autonomia differenziata sia diversa rispetto a quella che ha portato alle “Regioni a Statuto speciale” così come è differente rispetto alla procedura di approvazione degli Statuti ordinari (deliberazione del Consiglio regionale e quindi approvazione delle Camere). Le regioni ordinarie cui è attribuita maggiore autonomia ai sensi dell’art.116, comma 3, trovano nella legge ordinaria, sia pure rafforzata e atipica, la fonte giuridica di quelle “forme e condizioni particolari di autonomia” attribuite in sovrappiù rispetto al quadro delle competenze delineato per le regioni ordinarie dall’art.117.
Inoltre, l’ambito della autonomia differenziata è limitato alle materie riconosciute dall’art. 117 della Costituzione come di competenza concorrente e ad alcune materie di legislazione esclusiva statale espressamente indicate quali organizzazione della giustizia di pace (art. 117, secondo comma, lett. l), norme generali sull’istruzione (art. 117, secondo comma, lett. n) e tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali (art. 117, secondo comma, lett. s).
La legge ex art. 116, c. 3, deve rispettare i principi di cui all’articolo 119 della Costituzione, tra cui in particolare il rispetto dell’equilibrio di bilancio e l’obbligo di concorrere all’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea (primo comma); il principio della disponibilità di risorse autonome (secondo comma) o comunque non vincolate (terzo comma) e in ogni caso idonee all’integrale finanziamento delle funzioni pubbliche attribuite (quarto comma); l’impossibilità di ricorrere all’indebitamento se non per finanziare spese di investimento (sesto comma).
Un’ulteriore differenza tra specialità ed autonomia differenziata sta nel fatto che una volta concesse ulteriori forme e condizioni di autonomia, queste non possono essere revocate unilateralmente, come in astratto potrebbe avvenire nei confronti di una regione a statuto speciale, previa approvazione di una legge costituzionale diretta a mutare le competenze ad essa attribuite. Trattandosi di una legge basata su un’intesa, le disposizioni in essa recate potrebbero essere incise solo da una fonte primaria approvata, oltre che dalla maggioranza assoluta di Camera e Senato, sulla base di una nuova intesa fra le parti.
Il procedimento dell’Intesa
Di seguito, il procedimento dell’Intesa che costituisce una fase di interlocuzione e concertazione tra Stato e Regioni interessate, sentiti gli enti locali:
Iniziativa della regione interessata: la regione può scegliere di svolgere un referendum consultivo, come stabilito anche dalla giurisprudenza della Corte costituzionale sul caso del Veneto (sentenza n. 118 del 2015). L’organo competente ad attivare l’iniziativa è stabilito dalla regione, nell’ambito della propria autonomia statutaria e della propria potestà legislativa.
Destinatari dell’iniziativa: l’iniziativa è presentata al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro per gli affari regionali (art.1, c.571, della legge n. 147 del 2013 – legge di stabilità 2014).
Consultazione degli Enti Locali: la disposizione costituzionale non lo specifica. Il disegno di legge governativo approvato dal Consiglio dei ministri in data 21 dicembre 2017 (e mai presentato alle Camere) di attuazione dell’art.116, terzo comma, prevedeva che la consultazione fosse effettuata mediante un parere del CAL e, solo nei casi in cui questo non fosse costituito, delle associazioni rappresentative a livello regionale dei comuni e delle province. Sul punto non vi è ancora un orientamento consolidato.
Il parere degli enti locali è obbligatorio ma non vincolante: il mancato coinvolgimento degli enti locali pregiudicherebbe la legittimità dell’intero procedimento. Altro passaggio cruciale è stabilire in quale fase debbano essere sentiti gli enti locali. A mio parere, gli enti locali potrebbero essere sentiti in più occasioni, specie se nel corso della procedura abbiano espresso perplessità su materie e funzioni aventi ricadute sui propri ambiti di competenza. Sempre a parere della scrivente, resta ambigua anche la individuazione del soggetto, Regione o Stato, Governo o Parlamento, che abbia la titolarità dell’iniziativa.
Intesa fra lo Stato e la Regione interessata: l’articolo 1, comma 571, della legge n.147/2013 obbliga il Governo ad attivarsi nel termine di 60 giorni dal loro ricevimento. Per la regione, l’organo che conduce il negoziato è stabilito nell’ambito dell’autonomia regionale. Per lo Stato, la legge individua nel Governo il soggetto tenuto ad attivarsi sulle iniziative delle regioni ai fini dell’intesa. Non vi è comunque alcun obbligo di addivenire ad una Intesa.
La fase di approvazione
E’ importante ricordare che il Governo aveva approvato il 21 dicembre 2007 uno schema di disegno di legge di attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, con la disciplina della procedura da seguire per le iniziative delle Regioni ai sensi dell’art. 116, comma 3, cost., con riguardo in particolare alla fase dell’intesa. Nulla diceva il testo con riguardo alla successiva fase di approvazione in Parlamento che oggi pone così tanti problemi.
Con riguardo sempre alla fase di approvazione dell’Intesa, sono state approvate alcune disposizioni di attuazione dell’art. 116, terzo comma, Cost. La legge di stabilità per il 2014 (art. 1, comma 571, L. n. 147/2013), ha previsto un termine di sessanta giorni entro il quale il Governo è tenuto ad attivarsi sulle iniziative delle regioni presentate al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro per gli affari regionali ai fini dell’intesa. Il termine decorre dalla data del ricevimento delle iniziative e l’obbligo di attivazione si traduce nel dare seguito all’impulso conseguente all’iniziativa regionale finalizzata all’intesa.
Come funziona la procedura parlamentare
E’ utile soffermarsi ora sulla procedura parlamentare di approvazione dell’Intesa. La disposizione costituzionale nulla dice in proposito se non che è necessaria per la sua approvazione la maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera: si tratta, pertanto, di una legge rinforzata. Il nodo da sciogliere è se la legge rinforzata di cui all’art. 116 cost sia una legge in senso sostanziale o legge di mera approvazione dell’intesa, il che porta alla questione se l’attribuzione di forme di autonomia differenziata discenda dalla Legge rinforzata o dall’Intesa, dal Potere Legislativo o dall’accordo di Poteri Esecutivi.
Nel preambolo dell’accordo preliminare con la Lombardia si configurava il procedimento legislativo come analogo a quello di cui all’art. 8, terzo comma, cost. che disciplina le intese tra Stato e confessioni religiose non cattoliche. Detto riferimento è stato poi eliminato. E’ chiaro come non vi sia chiarezza sulla natura della legge.
Sono tre le ipotesi che si fanno in ordine alla natura ed agli effetti della legge rinforzata:
Occorre dire che l’art. 116 cost. contiene due passaggi importanti al fine di definire la natura, formale o sostanziale, della legge rinforzata: 1) la disposizione usa il verbo “attribuire” quando stabilisce che “possono essere attribuite” ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia; 2) la disposizione precisa che è “sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata” che la legge viene approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti.
E’ chiaro quindi che la legge rinforzata deve intendersi quale legge in senso sostanziale.
Altro punto da sottolineare è che la legge sia da intendersi “rafforzata” non solo per la maggioranza richiesta per la sua approvazione ma per la necessità che alla base vi sia un’Intesa con la Regione interessata ovvero che i contenuti della legge siano condivisi. Su questo ultimo punto, esprimo alcune perplessità, considerato che l’art. 116 richiede solamente che l’approvazione avvenga “sulla base di intesa” il che potrebbe essere anche inteso che il disegno di legge sia frutto dell’Intesa ma non anche la legge approvata. Intendere diversamente vorrebbe dire introdurre una sorta di “Trilogo”, il che non è previsto dal nostro ordinamento.
Viene anche fatta l’ipotesi secondo cui il Parlamento possa – in occasione della approvazione di Intese – considerare la necessità di intervenire anche con riguardo ad altre Regioni, modificando direttamente – ovvero senza Intesa -, il riparto di competenze con l’attribuzione di maggiore autonomia per tutte le Regioni o solo per alcune di esse. Le modifiche potrebbero essere in senso ampliativo od anche restrittivo. Non pare sia necessaria l’iniziativa della Regione interessata: si ritiene che l’autonomia differenziata possa essere concessa anche senza previa intesa, specie se le ulteriori competenze venissero a costituire un completamento delle competenze già attribuite e portassero ad una semplificazione dei livelli di competenza nel medesimo ambito di materia. Naturalmente il conferimento dovrebbe riguardare competenze concorrenti e non competenze esclusive statali.
Inoltre, maggiore autonomia “senza intesa” potrebbe essere giustificata nel caso che il conferimento di competenze ad alcune regioni debba essere bilanciato con l’attribuzione delle medesime competenze anche ad altre. In breve, l’iniziativa ex art. 116 cost., potrebbe portare ad una verifica della allocazione ottimale delle competenze per tutte le regioni e non solo per quelle che ne hanno fatto richiesta. La disposizione costituzionale richiede che la procedura tenga conto dei ruoli dei soggetti istituzionali coinvolti ma anche degli effetti della attribuzione delle competenze sull’ordinamento nazionale e su tutti gli ordinamenti regionali.
Bisogna sottolineare che con legge rinforzata viene modificato il Titolo V: in via ordinaria, ogni modifica alla costituzione andrebbe assunta con legge costituzionale ai sensi dell’art. 138 cost. ovvero con l’adozione di “due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi”, da approvarsi a maggioranza assoluta nella seconda votazione. Se la legge è approvata nella seconda votazione con la maggioranza di due terzi non si fa luogo a referendum, mentre nel caso di maggioranza assoluta può darsi luogo a referendum “qualora nel termine di tre mesi dalla pubblicazione della deliberazione ne facciano domanda un quinto dei membri di una camera o cinquecentomila elettori o cinque consigli regionali”. Nell’ipotesi ex art. 116, terzo comma, cost., l’iniziativa da parte della Regione interessata e la successiva Intesa costituisce un presupposto per un procedimento semplificato rispetto alla procedura di revisione ordinaria della costituzione ma non può portare all’approvazione di una legge formale di modifica, alla stregua di una procedura di Intesa con le confessioni religiose: il presupposto è l’Intesa ma l’oggetto della legge rinforzata è costituito dalla revisione della carta costituzionale.
Termine e rinnovo
Da ultimo, si ritiene che l’autonomia differenziata possa essere a termine e che possa esservi una verifica degli effetti al fine di disporne il rinnovo. L’intesa è, quindi, considerata alla medesima stregua di un accordo pattizio. Ritenere che l’intesa sia un accordo tra esecutivi, escludendo il Parlamento dalla possibilità di sua revisione in fase di approvazione della legge rinforzata e dalla successiva fase di verificazione, deve far riflettere sul modello di Stato che vogliamo per il nostro futuro. Regionalismo sì ma come?
Avvocato pubblico, specialista in diritto ed economia delle comunità europee; collabora alla cattedra di Diritto del Mercato unico e della Concorrenza presso l’Università Statale di Milano. Fa parte della Presidenza di Libertà Eguale Milano. E’ dirigente sindacale e responsabile per la Giustizia amministrativa PD Milano