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Renzi e Calenda, l’incognita dei liberali sul bipolarismo italiano

Vittorio Ferla mercoledì 10 Agosto 2022
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di Vittorio Ferla

 

L’accordo tra Renzi e Calenda sembra in dirittura d’arrivo. “Ci stiamo lavorando, spero che il terzo polo nasca, ci sono tutte le premesse per farlo nascere”, ha dichiarato ieri il leader di Azione, spiegando che “sui contenuti con Italia viva c’è vicinanza, ora bisogna integrare due corpi che politicamente sono stati distanti negli ultimi tempi”. Sarà davvero così? E per quanto potrebbe durare una siffatta intesa? L’ironia è legittima visto quanto accaduto nei giorni scorsi tra Calenda e Letta. E tuttavia, a dispetto dei pessimi rapporti tra l’ex ministro romano e l’ex premier fiorentino, la verità è che l’accordo avrebbe un senso logico, sia sul piano dei programmi dei due partiti e degli elettorati (che sembrano quasi sovrapponibili), sia sul piano della visione strategica (l’esaltazione dell’Agenda Draghi).

L’idea del Terzo Polo, come viene definito in questi giorni, frulla nella testa di Matteo Renzi ormai da tempo. Precisamente, da quando lasciò il Pd sbattendo la porta e lasciandosi alle spalle una esperienza ricca di grandi successi (le primarie del Pd, le Europee) e di clamorosi tonfi (il referendum costituzionale, le politiche del 2018). Nel novembre del 2019, il leader di Italia viva fu molto chiaro. Commentando il nervosismo di alcuni ex colleghi nei suoi confronti, Renzi spiegò: “noi vogliamo fare ai dem quello che Macron ha fatto ai socialisti. Vogliamo assorbirne il consenso per allargare al centro e alla destra moderata”. Il modello di riferimento di questa operazione era evidentemente l’exploit liberale di Emmanuel Macron, il presidente che aveva militato nel Partito socialista francese e che aveva ricoperto la carica di ministro dell’economia dal 2014 al 2016, nel secondo governo guidato da Manuel Valls sotto la presidenza del socialista François Hollande. Nel 2017 Macron guidò una scissione e vinse le elezioni presidenziali conquistando l’Eliseo. A pagare le spese della sua clamorosa vittoria fu proprio il Partito socialista che si fermò al 6,4%, raccogliendo poco più di 2 milioni di voti. Una batosta simile toccò ai i gollisti di Les Republicains, partito dell’ex presidente francese François Sarkozy. Se davvero valesse questo schema, il progetto di Renzi può realizzarsi a condizione di infliggere le stesse perdite al Pd, da una parte, e a Forza Italia, dall’altra. Ma la prima condizione appare poco realistica, vista la ripresa dei dem. Nel 2019 Renzi definì anche i tempi: “il disegno è dichiarato e io penso che nei prossimi tre anni si realizzerà”. I tre anni adesso sono trascorsi e le elezioni del 25 settembre arrivano al momento giusto per verificare l’esito di questo progetto.

Un progetto che avrebbe un senso compiuto in chiave europea. Basti pensare che Renew Europe, il gruppo politico liberale all’Europarlamento, costituitosi a seguito delle elezioni europee del 2019, è il terzo per numero di parlamentari a Strasburgo. Tra le sue fila non c’è soltanto La République en marche, il partito di Macron, ma anche il Freie Demokratische Partei (FDP) che in Germania è uno dei componenti del governo “semaforo” guidato da Scholz con i Verdi e i socialdemocratici dell’Spd. Non è un caso, pertanto, che in questi giorni Carlo Calenda, che a Strasburgo è iscritto proprio al gruppo di Renew Europe, nonostante lo strappo con Letta, continui a confermare che, in caso di vittoria, l’alleanza di governo con il Pd sarebbe scontata. Nemmeno è un caso, d’altra parte, che +Europa, che aderisce all’Alde, il Partito dell’Alleanza dei Liberali e dei Democratici per l’Europa che ha fondato Renew Europe, abbia sottoscritto – e confermato – l’alleanza con il Partito Democratico.

Nella sostanza, tuttavia, i sondaggi non sembrano andare nella direzione auspicata dal disegno originario di Matteo Renzi. In questi anni Italia viva ha continuato a oscillare tra il 2 e il 5% delle preferenze. È vero: le rilevazioni a bocce ferme sono attendibili solo fino a un certo punto. Tuttavia, per senso della realtà, bisogna tenerne conto. Ecco perché la stella nascente di Carlo Calenda – e di Azione – diventa una opportunità per consolidare una forza che vuole seriamente candidarsi a rappresentare la novità di questa campagna elettorale. Sono in molti a ritenere che, in caso di accordo tra i due, senza ripensamenti del giorno dopo, la partita si potrebbe giocare. Che cosa potremmo aspettarci a quel punto? Vista la polarizzazione crescente tra il Partito Democratico e Fratelli d’Italia che emerge dai sondaggi, è possibile che il Terzo Polo  – soprattutto grazie all’immagine di Calenda, liberato dalle zavorre dei Bonelli e dei Fratoianni – possa funzionare in alcuni collegi uninominali per drenare voti da Forza Italia e dalle altre piccole forze di centro, contribuendo a scalfire la massa di consensi che sembra destinata a far volare il centrodestra. Per adesso, i sondaggi non sono troppo generosi. Ma molti elettori dubbiosi, ancora indecisi tra l’astensione e il voto, decideranno il da farsi solo negli ultimi 15 giorni della campagna elettorale.

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