di Umberto Minopoli
Non conosco Renzi. Non l’ho mai incontrato. Non gli ho mai parlato. Non potrei perciò accampare, come fanno tanti (troppi), ragioni inerenti al suo carattere a sostegno della tesi della incandidabilità a leader del Pd. Si perché a sentire molti, anche amici e persone che hanno sostenuto il nuovo corso del Pd dal 2013, è questo che impedirebbe una riproposizione di Renzi al congresso del Pd: il suo carattere. Che spiegherebbe impopolarità, divisività e antipatia diffusa. Resto basito.
Cancellata di colpo una stagione di riforme
E’ stata, di colpo e scorrettamente, cancellata con questi argomenti discutibili, pretestuosi e impolitici (il carattere) una figura che, nei cinque anni passati aveva rappresentato, nella storia del centrosinistra, una novità significativa e un singolare profilo di leader competente e di buon profilo di governo.
E portatore di un’idea di riforme, non evocate e proclamate ma implementate nell’azione di governo, che hanno rappresentato un unicum nella storia della sinistra italiana. Da sempre non riformista (nella sua componente maggioritaria) o riformista mancata.
Renzi è caduto, ormai lo dimentichiamo, su un tentativo di innovazione profondo e radicale come quello di una riforma della politica e delle istituzioni. Ha perso però avendo con sé una larghissima parte del paese e contro di sé l’intero spettro della conservazione di destra, di centro e di sinistra.
Nessun partito azzera tutto e si rimangia tutto dopo una sconfitta elettorale. Se vale la pena innova ma insiste. Non rimuove. E, invece nel Pd, in una situazione che ci riporta all’incubo del default economico, si ritiene un errore rivendicare i successi economici del governo Renzi. E si ritiene un errore, persino, l’ottimismo di Renzi. Ma, chiedo, avete mai visto un leader riformista che spande pessimismo? Un ossimoro, una bestemmia, un’idiozia. E così le riforme economiche salvagente di Renzi e l’unico tentativo (dopo la Costituente del 1945) di riformare e modernizzare il sistema politico italiano, battuto, sono stati rimossi.
Il tempo della restaurazione
Le riforme sono uscite, nell’indifferenza generale, dall’agenda del Pd e della politica italiana. E’ bastato liquidare Renzi perché il Pd abbandonasse ogni peculiarità riformista, di portatore di un progetto di riforme e di riformismo di governo.
E siamo tornati alla sinistra di sempre: evocativa e astratta nelle declamazioni (vero Veltroni e Zingaretti?) e conservatrice nei fatti. Senza uno straccio di concretezza. Che assiste passiva, confusa e sbandata (e, in molti casi acconsente) ai tentativi di smantellamento delle riforme di Renzi.
Siamo in piena restaurazione. L’Italia è diventato un regime odioso. Dove domina la semina dell’odio, l’isolamento internazionale, l’egoismo sociale, il disprezzo per l’impresa, la vendetta come mezzo di lotta politica, la boriosa ed esibita incompetenza dei governanti e l’antipatia per i competenti.
La questione della leadership
E’ mai possibile che, in questa indigeribile condizione il problema del Pd sia quello della damnatio memoriae verso la figura, il progetto e la pratica di governo più produttiva dei suoi ultimi 40 anni? Le leadership, signori, non si inventano. Oggi il Pd si lacera su outsiders improbabili, suggestioni burocratiche e incolori di candidati inventati, frutto solo di selezione in un vecchio ceto interno e autoreferenziale. Tenuto insieme da un dogma: chiudere l’era di Renzi. E senza nemmeno aver abbozzato una analisi delle sconfitte di Renzi. Delle ragioni di esse che non tutte sono riportabili a colpe di Renzi.
In democrazia si può anche perdere avendo ragione, sapete? Specie nelle fasi di crisi, sovraccarico, sfilacciamento, debolezze delle democrazie. Weimar non ha insegnato nulla?
Renzi e, soprattutto, il suo progetto sono liquidati senza spiegazioni. O con spiegazioni risibili, strumentali e impolitiche: antipatia, divisività, carattere… E il Pd cancella 5 anni di rinnovamento (i più prolifici della sua storia) con un colpo di spugna e una rimozione. Come fanno gli sconfitti, i perdenti e i burocrati che non hanno coraggio e non hanno idee.
L’unica cosa che non mi spiego e non mi convince è: caro Renzi ma perché consenti tutto questo?
Presidente dell’Associazione Italiana Nucleare. Ha lavorato nel Gruppo Finmeccanica e in Ansaldo nucleare. Capo della Segreteria Tecnica del Ministro delle Attività Produttive tra il 1996 e il 1999. Capo della Segreteria Tecnica del Ministro dei Trasporti dal 1999 al 2001. Consigliere del Ministro dello Sviluppo Economico per le politiche industriali tra il 2006 e il 2009.
Condivido in gran parte, ma mi lascia perplesso il peana a Renzi, che nei suoi interventi non fa mai un’analisi seria della situazione italiana e internazionale, limitandosi alle battute. E poi: del vecchio PD non c’è proprio niente e nessuno da salvare?
E’ vero che Renzi non fa mai una analisi approfondita,non disegna mai un quadro politico generale,manca insomma una visione d’insieme.Ma io mi sono convinta nel tempo che impacchettare le visioni d’insieme non serve a moltose non a dare soddisfazione alla nostra “intelligenza”, perchè in definitiva non vengono mai realizzate(anche se è vero servono a tracciare la rotta.Renzi ha fiuto politico,ha e