di Danilo Di Matteo
Più che una storia del Pci occorrerebbe scrivere una storia (anzi, le storie) dei comunisti. Più che per altre esperienze umane, infatti, per comprendere il “grande partito” è necessario comprendere i percorsi e i progetti di vita delle donne e degli uomini che lo hanno incarnato. Così è per Aldo Tortorella, che ci ha lasciati: egli rappresenta, con altri/e, corpo, anima e sangue del partito “di Gramsci, Togliatti, Longo e Berlinguer”.
In un suo scritto, ad esempio, ricordava come il “partito nuovo” togliattiano, dopo la prima svolta di Salerno, avesse accolto non solo intellettuali marxisti, ma pure di altre estrazioni filosofico-culturali: neopositivista o neoidealista, ad esempio. Un fenomeno che anticipò lo Statuto del Pci del 1972, secondo il quale aderire al Pci non significava abbracciare l’ideologia marxista.
Proprio Tortorella, però, incarnava anche una sorta di italo-marxismo (il “comunismo democratico”), che egli definiva rifacendosi alla seconda svolta di Salerno, all’indomani del terremoto dell’Irpinia del 1980: a partire dai dilemmi, dalle contraddizioni, dai paradossi e dagli squilibri legati all’assetto capitalistico – si pensi all’emergenza ambientale, allo sterminio per fame, alla pace e alla guerra, alla condizione femminile, tutti temi forti della predicazione ingraiana – occorreva atteggiarsi criticamente nei confronti del capitalismo stesso.
Del resto, lo stesso Giorgio Napolitano, sul mensile Le ragioni del Socialismo, diretto da Emanuele Macaluso, non esitava a parlare, negli anni Novanta, di «tensione critica con il capitalismo», pur avendo già riconosciuto da tanti lustri “il ruolo regolatore del mercato”.
I comunisti erano così; si confrontavano, dibattevano, a volte si accapigliavano sui nomi e sulle definizioni: altro che grigiore, altro che centralismo burocratico!
E nel 2023 proposi alla rivista Critica Marxista, diretta da Tortorella, un mio piccolo saggio, nel quale sottolineavo il coraggio di Berlinguer e del Pci nel far propria la linea della differenza sessuale. Concludo proprio con le parole del caporedattore Alberto Leiss: “Un caro saluto anche da parte del direttore Aldo Tortorella e degli altri amici della redazione che hanno letto il tuo testo”.
Psichiatra, psicoterapeuta e studioso di filosofia con la passione per la politica. Si iscrisse alla Fgci pensando che il Pci fosse già socialdemocratico, rimanendo poi sempre eretico e allineato. Collabora con diversi periodici. Ha scritto “L’esilio della parola”. Il tema del silenzio nel pensiero di André Neher (Mimesis 2020), Psicosi, libertà e pensiero (Manni 2021), Quale faro per la sinistra? La sinistra italiana tra XX e XXI secolo (Guida 2022), le raccolte poetiche Nescio. Non so (Helicon 2024) e Ombre dell’infinito, figure del Sublime. “Voce di silenzio sottile” (Helicon 2024). È uno degli autori di Poesia e Filosofia. I domini contesi (a cura di Stefano Iori e Rosa Pierno, Gilgamesh 2021) e di Per un nuovo universalismo. L’apporto della religiosità alla cultura laica (a cura di Andrea Billau, Castelvecchi 2023).