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Ripartenza “green”. Non sprechiamo questa occasione

Andrea Ferrazzi giovedì 9 Aprile 2020
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di Andrea Ferrazzi

 

La pandemia da coronavirus ha colpito duro, in un crescendo drammatico di contagi, morti e conseguenti straordinari interventi pubblici restrittivi, che ben pochi solo qualche settimana fa immaginavano.

Non si può certo dire che di fronte a questo incedere del virus il Governo nazionale sia rimasto fermo. Anzi, in poche settimane, mentre individuava una serie di azioni per bloccare l’espandersi della pandemia, ha messo in campo delle azioni senza precedenti a sostegno delle famiglie, delle imprese e dei professionisti.

Il “Decreto Cura Italia”, ora al voto in Senato, cuba da solo quasi quanto l’intera finanziaria 2020. Il “Decreto aprile”, in arrivo nei prossimi giorni, aggiungerà circa 40 miliardi, che sommati al Cura Italia portano a circa 70 miliardi i fondi direttamente erogati dallo Stato. Il “Decreto liquidità” del 6 aprile libera risorse coperte dalla garanzia dello Stato per centinaia di miliardi. La somma di tutta l’azione di Governo raggiunge i 750 miliardi.

Una cifra gigantesca, è bene sottolinearlo, perché se è necessaria un’azione immediata e decisa a sostegno di famiglie e imprese, è del tutto evidente che un approfondimento su come coprire questa esposizione di fondi pubblici è doverosa, al fine di garantire la tenuta di medio lungo termine del nostro paese.

E allora chiariamo che da soli, di certo, non ce la possiamo fare. Potremmo emettere tutti i Titoli di Stato che vogliamo, ma se non trovassimo chi li compra avremmo fatto un buco nell’acqua. Se la Bce non avesse messo in atto un piano plurimiliardario di acquisto di titoli, non sarebbe certo stato il mercato ad acquistare quelli emessi dal nostro paese, soprattutto a quel tasso di interesse.

Chi dunque sostiene che il futuro della sostenibilità economica e finanziaria sia il ritorno al modello autarchico, non sa di cosa parla o se lo sa è in malafede. Se ci rinchiudessimo nel nostro recinto saremmo sopraffatti dalla speculazione internazionale che farebbe del nostro paese, indebitato come pochi e con un rapporto deficit-Pil che nel 2020 arriverà a cifre elevatissime, un solo boccone.

Ecco dunque che la battaglia per la solidarietà europea è sacrosanta, ma è una battaglia per avere più Europa, non meno Europa, più integrazione delle politiche economiche, non meno, più utilizzo delle politiche monetarie per rafforzare la sostenibilità del sistema, non meno.

Chi invece specula sulla crisi attuale e sulla (reale) inadeguatezza nelle risposte di alcuni paesi e istituzioni europee, scommettendo sul “tanto peggio, tanto meglio”, commette un azzardo che può compromettere il futuro del nostro paese e dei nostri cittadini. Futuro del paese che passa anche per la tenuta del sistema economico nazionale.

È proprio per evitare di esporre il nostro sistema produttivo e finanziario a scorribande che si è posto a livello normativo con il “Decreto liquidità” la questione “Golden power”. Le nostre aziende, soprattutto quelle strategiche, vanno protette.

Questo però non è sufficiente. Dobbiamo cogliere l’occasione di questa crisi e dei conseguenti fondi e garanzie pubbliche erogate, per determinare una trasformazione innovativa del sistema produttivo. Così come il “Piano Marshall” non servì solo per dare da mangiare a chi non l’aveva e a proteggere i più indifesi, allo stesso modo il nostro piano di rilancio deve essere l’occasione per un grande progetto di economia innovativa.

Voglio essere più chiaro: i fondi vanno dati per tenere insieme l’equità sociale con la riconversione Green. Il sostegno per la ripresa dovrà dunque essere “orientato”, anche “selettivo” se necessario, perché chi pensa che dopo la crisi si debba ritornare semplicemente a com’era prima, non ha capito nulla e spreca una straordinaria occasione. Per questo credo che sarebbe utile che nei prossimi Decreti per la ripartenza già vi fosse un segno in questa direzione. Una direzione Green non solo perché è ormai acclarato che inquinamento e diffusione dei virus vanno a braccetto, ma anche perché la sostenibilità è il nome del nostro futuro.

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