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Salvini e Meloni al bivio dell’Europa

Carlo Fusaro domenica 7 Febbraio 2021
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di Carlo Fusaro

Tranne Fratelli d’Italia sembrano tutti disposti a dar credito a Draghi e a collaborare in una forma o nell’altra al suo ormai pressoché certo governo di (quasi) unità nazionale. E c’è – comprensibile – qualche ironia su certe conversioni e su certi entusiasmi.

Il punto da capire, a mio avviso, è questo: se solo Draghi riesce in parte della sua difficile missione (difficile nel merito dei contenuti e delle riforme che dovrà cercare di introdurre in poco tempo accanto al PNRR da avviare sulla buona strada) e le cose vanno come gli ottimisti possono sperare (al momento sperare non di più: ma prima neppure la speranza era permessa!), se – in altre parole – riuscirà ad essere il governo della rinascita nazionale d’un Italia saldamente parte centrale dell’UE, è chiaro, almeno a me, che la legittimazione a governare l’Italia l’avranno nella sostanza solo le forze politiche e i pezzi di classe dirigente e politica che avranno sorretto lealmente Draghi e il suo governo. Punto.

Del resto vediamo il caso più eclatante. So che Salvini europeista fa specie. Per la Lega però e tutta la sua classe dirigente storica, le cose stanno diversamente. E’ stato l’uomo del Papeete a trasformare a caccia di voti un partito che era addirittura nato per salvare la c.d. Padania da un’Italia che – allora – non si sapeva se avrebbe fatto parte della moneta unica, rischiando di separarla da quelle regioni europee a partire dalla Baviera di cui è economicamente e produttivamente parte integrante.

Il sovranismo antieuropeista scoperto da Salvini per cavalcare un trend ora (forse!) in calo è posticcio: e si può sperare che possa venir in prospettiva superato. Diverso io trovo il discorso di FdI: li le radici sono radicalmente diverse e ben piantate nella storia della destra destra con simpatie neofasciste (o appartenenze neofasciste addirittura). Finché pigliava voti a valanga (punta le europee 2019) certe cose le han tollerate (sbagliando per me, ma non conta), ma i Giorgetti e gli Zaia all’UE sono saldamente e genuinamente legati: il giorno in cui non fossimo in grado di stare al passo i loro “territori” li caccerebbero a calci nel sedere.

Bisognerà che la Lega si liberi ovviamente dei Bagnai e Borghi (o li metta alla cuccia o li induca a cambiare). Sempre se vuole, come sembra, far parte di chi collabora con il governo Draghi in una forma o nell’altra: la legittimazione necessaria per vincere e governare domani… Giorgetti deve averlo spiegato a Salvini… e questo spiega molto. Come però si spiega anche il niet di Meloni che come persona e come partito fa parte di un’altra cultura (che oggettivamente gioca oggi contro l’Italia perché costretta a puntare sul fallimento della rinascita Draghi).

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