di Alessandro Maran
“Le autorità europee si stanno risvegliando di fronte a una realtà che Donald Trump ha evidenziato da tempo”, scrivono John Paul Rathbone e Henry Foy sul
Financial Times: “gli Stati Uniti non vogliono più essere il principale garante della sicurezza né per l’Ucraina né per il continente nel suo complesso” (
https://www.ft.com/…/beb38eb8-408c-4cdb-8086-77545d52099f).
Per diversi osservatori, la realtà è molto più grave: il presidente degli Stati Uniti sta ponendo fine alla lunga alleanza dell’America con l’Europa e si sta schierando invece dalla parte della Russia. L’America, insomma, ha cambiato bandiera. Ha dismesso i panni del poliziotto – del tutore dell’ordine liberale internazionale – ed è passata dall’altra parte, con i delinquenti.
Negli ultimi giorni, Trump ha escluso l’Europa e l’Ucraina dai colloqui con la Russia sul futuro dell’Ucraina e ha affermato addirittura che l’Ucraina potrebbe diventare parte della Russia (
https://edition.cnn.com/…/ukraine-russia…/index.html). Trump ha anche fatto propri gli argomenti del Cremlino (
https://edition.cnn.com/…/zelensky-trump…/index.html), definendo il presidente ucraino Volodymyr Zelensky un “dittatore”, affermando falsamente che l’Ucraina ha iniziato la guerra di aggressione della Russia e facendo pubblicamente pressione su Zelensky affinché faccia un accordo o si rassegni a perdere il suo paese (Zelensky, da parte sua, dice che Trump è intrappolato in una bolla di disinformazione). Trump ha chiesto inoltre che la Russia venga riammessa nel G7, da cui è stata espulsa per aver annesso la Crimea nel 2014.
Si tratta di rimodellare globalmente le relazioni tra Stati Uniti e Russia, sostiene Peter Trubowitz, professore di relazioni internazionali alla London School of Economics, in un’intervista con Nicole Frölich dell’emittente pubblica tedesca
DW News. “Penso che per Trump, questo tipo di svolta sbalorditiva che riporta (…) la Russia nel gruppo dal quale era stata precedentemente escluso, abbia tutte le caratteristiche del grande teatro”, dice Trubowitz. “È audace, è drammatico, è una sorpresa. Ed è questo, penso, su cui si sta davvero concentrando. Si concentra sui vantaggi geopolitici (…) che il riallineamento delle relazioni con la Russia, nella sua mente, offre. E questo include (…) fare pressione sull’Europa e trarre vantaggio dalla dipendenza dell’Europa dagli Stati Uniti (…) e, nella mente di Trump, aprire la possibilità di ottenere un vantaggio sulla Cina riallineando le relazioni con la Russia. Putin fa il suo gioco. È un gioco diverso, ma penso che entrambi vedano i negoziati sull’Ucraina come un’opportunità per fare mosse strategiche che sono molto più grandi della guerra stessa” (
https://youtu.be/iBFDAQ9zTPU?si=ZekAvo8ZOEEOwlbJ).
Su
Foreign Policy, l’ex consigliere politico del partito conservatore britannico Garvan Walshe ha una visione simile ma leggermente diversa, scrivendo che “l’impresa di Trump sembra essere un’eco dell’accordo di Yalta del 1945, attraverso il quale l’allora presidente degli Stati Uniti Franklin D. Roosevelt e il leader sovietico Joseph Stalin concordarono di consegnare l’Europa orientale alla sfera di influenza dell’Unione Sovietica” (
https://foreignpolicy.com/…/europe-defense-ukraine…/).
Ma se l’America getta l’uniforme alle ortiche e si solleva contro quell’ordine mondiale liberale e quel mondo che lei stessa ha costruito (di questo si tratta e questo era in ballo alle elezioni presidenziali) cosa comporta per noi, che significato e che implicazioni ha per l’Europa?
Il momento attuale è “surreale”, come osserva Farah Stockman su
The New York Times. “In effetti, gli europei si stanno rendendo conto di essere completamente dipendenti da una potenza straniera che non si comporta più come se stessa. L’America, che un tempo sosteneva l’ordine mondiale liberaldemocratico, ora gli si sta rivoltando contro in un modo che sconvolge i suoi alleati” (
https://www.nytimes.com/…/trump-munich-security…).
L’Europa potrebbe costruire la propria forza militare in modo da poter stare in piedi da sola senza gli Stati Uniti o tornare allo status quo precedente se gli Stati Uniti “tornassero” come garanti incondizionati della sicurezza della NATO, sostiene Liana Fix del
Council on Foreign Relations (
https://youtu.be/hEnzlugDemc?si=kOF3NYFkU3EluhxE). “Il regime di Trump non è sinonimo degli Stati Uniti”, sostiene Garvan Walshe su
Foreign Policy, quindi le autorità europee possono continuare a collaborare con alcuni rappresentanti dell’amministrazione Trump e legislatori statunitensi che non condividono le opinioni di Trump sulla politica mondiale.
In un altro editoriale di
Foreign Policy, l’ex diplomatico di Singapore Kishore Mahbubani sostiene che l’Europa dovrebbe “fare l’impensabile” e dimostrare chiaramente la sua volontà di uscire dalla NATO e allinearsi alla Cina. “Duemila anni di geopolitica ci hanno insegnato una lezione semplice e ovvia”, scrive Mahbubani: “Tutte le grandi potenze metteranno al primo posto i propri interessi e, se necessario, sacrificheranno gli interessi dei loro alleati. Trump si sta comportando come un attore geopolitico razionale nel mettere al primo posto ciò che percepisce come gli interessi del suo paese. L’Europa non dovrebbe solo criticare Trump, ma dovrebbe invece emularlo. Dovrebbe attuare l’opzione attualmente impensabile: dichiarare che d’ora in poi sarà un attore strategicamente autonomo sulla scena mondiale che metterà al primo posto i propri interessi. Trump potrebbe finalmente mostrare un po’ di rispetto per l’Europa se lo facesse” (
https://foreignpolicy.com/…/europe-eu-nato-us-russia…/).
L’abbandono dell’Europa da parte degli Stati Uniti potrebbe essere il vero obiettivo politico, o potrebbe essere una minaccia: “una merce di scambio per costringere gli alleati a spendere di più per le armi statunitensi, o per ottenere concessioni in altri settori come gli standard commerciali e tecnologici”, scrive Giuseppe Spatafora dell’
EU Institute for Security Studies – EUISS. In entrambi i casi, scrive Spatafora, “la retorica e le azioni aggressive di Trump suggeriscono che l’abbandono dell’Europa da parte degli Stati Uniti è ora sulla buona strada per materializzarsi (…) la realtà comprenderà probabilmente elementi di entrambi gli scenari. Gli europei non possono basarsi solo su un’unica interpretazione dell’abbandono. Alcuni paesi cercheranno di placare Trump acquistando più armi statunitensi o firmando accordi collaterali, ma ciò non risolverà il problema se l’obiettivo dell’amministrazione è disimpegnarsi dall’Europa. Per prepararsi a tutte le evenienze, l’UE dovrebbe sviluppare una strategia più equilibrata. In sostanza, questa strategia comporterebbe la creazione di una forte forza di dissuasione europea che potrebbe compensare il ritiro degli Stati Uniti” (
https://www.iss.europa.eu/…/trump-card-what-could-us…).
L’Unione si è forgiata e rafforzata nelle crisi. Ha delle risorse, ricordano oggi
David Carretta e Christian Spillmann nel loro Mattinale Europeo. “’Il peso strategico, economico e politico combinato dell’Unione Europea e dei suoi Stati membri permette di mobilitare una buona parte del mondo che la pensa come noi, ma che non ha i mezzi per agire in modo decisivo nelle crisi’, sottolinea l’ex primo ministro italiano, Enrico Letta, in un articolo firmato da tutti i leader della Fondazione Nostra Europa, il centro di riflessione fondato dall’ex presidente della Commissione, Jacques Delors (…) ‘L’Ucraina è una questione esistenziale per la sicurezza europea’, ha detto ieri Antonio Costa. Se è come dice il presidente del Consiglio europeo, o Trump vince e l’Europa muore, o Trump perde e l’Europa esiste. O l’uno o l’altro” (
https://davidcarretta.substack.com/…/gli-europei…).
Già senatore del Partito democratico, membro della Commissione Esteri e della Commissione Politiche Ue, fa parte della presidenza di Libertàeguale. Parlamentare dal 2001 al 2018, è stato segretario regionale dei Ds del Friuli Venezia Giulia.
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