di Pietro Ichino
Nicola Zingaretti si è candidato alla guida del Pd.
E Paolo Gentiloni, con il suo intervento a Piazza Grande, sembra avergli annunciato il proprio appoggio.
Probabilmente mosso da tre convinzioni:
a) che il Pd debba voltar pagina il più in fretta possibile rispetto alla stagione segnata dalla leadership di Matteo Renzi, dai suoi difetti di superficialità e personalismo, dalle sue sconfitte referendaria ed elettorale;
b) che il governatore del Lazio sia oggi l’unica persona dotata dei requisiti necessari per guidare il Pd in questa svolta;
c) che, se lui è l’unico candidato possibile, occorre evitare che la sua elezione a segretario assuma il significato di una vittoria della vecchia ala sinistra e di un ritorno indietro rispetto a tutto quanto si è fatto dal 2011 a oggi.
Il problema è che proprio questo rinnegare quanto si è fatto dal 2011 a oggi è ciò che propongono alcuni altri sostenitori di Zingaretti.
Un esempio per tutti: nel discorso alla manifestazione del Pd del 30 settembre del segretario attuale del Pd, Maurizio Martina, la nota dominante è apparsa proprio un “chiedere scusa” agli italiani di quel che abbiamo fatto per salvare la finanza pubblica del nostro Paese e mantenerlo sul sentiero stretto che gli consente di partecipare da protagonista alla costruzione della nuova UE.
Ora, chiedere scusa di quel che non si è fatto o si è fatto troppo poco è doveroso; ma chiedere scusa di quel che si è fatto significa dare ragione a M5S e Lega, che infatti propongono di tornare indietro rispetto a tutto quanto abbiamo fatto in questi sette anni; anzi, di tornare proprio all’Italia degli anni ’80 e ’90, con la sua industria a partecipazione statale permanentemente in perdita, le sue pensioni senza requisiti di età, la sua Cig senza limiti per le aziende fallite, i suoi 30 miliardi l’anno di deficit strutturale.
Ieri a Piazza Grande, prudentemente, Zingaretti ha evitato questo tema. Ma è su questo tema che nel giro di poche settimane si deciderà il senso della sua candidatura. E anche – non credo eccessivo affermarlo – il futuro del Pd e del Paese.
Già senatore del Partito democratico e membro della Commissione Lavoro, fa parte della presidenza di Libertàeguale. Ordinario di Diritto del lavoro all’Università statale di Milano, già dirigente sindacale della Cgil, ha diretto la Rivista italiana di diritto del lavoro e collabora con il Corriere della Sera. Twitter: @PietroIchino