di Alessandro Maran
Come sentiamo dire a Poe nell’ultimo episodio di Star Wars, «Non siamo soli. La brava gente combatterà se la guidiamo». Ma per battere Salvini bisogna:
1- Cambiare paradigma. Il consenso per il populismo sovranista nel paese è inversamente proporzionale a quello per l’idealismo della sinistra italiana (sia quella politica che quella degli intellettuali e dei media). Il problema non sta nella capacità di mobilitazione di Salvini, ma nell’incapacità della sinistra di superare definitivamente un rapporto tormentato e conflittuale con la realtà e la modernità. Il «marxismo evangelico» che si strugge nella giustizia del passato prossimo (l’idea, insomma, che il mondo di ieri, prima che il computer, lo smartphone e mille altre diavolerie lo snaturassero, fosse, quello sì, un mondo a misura d’uomo) non è un’alternativa credibile al populismo.
2- Cambiare l’interprete, mantenendo il copione. Come ha scritto Blair indicando le caratteristiche della culture of winning, «i progressisti vincono dal centro. Possiamo deciderlo ora o perdere altre quattro elezioni prima di deciderci». Il modello strategico potenzialmente in grado di attrarre consensi maggioritari in un’orbita non populista, né sovranista, è stato sperimentato con Matteo Renzi, che era riuscito a sottrarre fedeli ed ossigeno al populismo per traghettarli verso quella big tent che poteva stabilizzare il sistema. I suoi errori e la resistenza opposta dalle élite ne hanno impedito la compiuta attuazione, ma per sconfiggere le destre si passa da lì. Il riformismo, l’impianto della sinistra liberale, e perfino l’ottimismo, devono tornare ad essere rispettabili; e se Renzi non può più esserne l’interprete, allora dovrà esserlo qualcun altro.
3- Fare chiarezza sul piano politico e culturale (anche perché «il centro non significa lo status quo»). Per aprire le porte ai ceti dinamici e popolari che, ogni giorno, si rapportano con la realtà sociale e lavorativa di un paese moderno, occorre sfatare il mito dell’unità delle sinistre e fare chiarezza con i grillini. Vogliamo Minniti o Bartolo? Costa o Bonafede? Lo sviluppo economico o la decrescita infelice? L’abbraccio con i movimenti antagonisti (sardine, Elly Schlein, Fratoianni, ecc.), visti da molti, anche nel Pd, come ancore salvifiche dalla perdizione capitalista, non rappresenta un importante contributo alla causa dell’unità a sinistra, bensì un contributo importante all’egemonia culturale della destra.
(Pubblicato su Il Foglio, 3 febbraio 2020)
Già senatore del Partito democratico, membro della Commissione Esteri e della Commissione Politiche Ue, fa parte della presidenza di Libertàeguale. Parlamentare dal 2001 al 2018, è stato segretario regionale dei Ds del Friuli Venezia Giulia.