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SI, tutto ciò che la sinistra non deve essere

Vittorio Ferla giovedì 12 Novembre 2015
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Nasce SI. E nasce male. Ma dobbiamo ringraziare questo tentativo perché ci spiega molte cose. Ecco, pertanto, alcuni buoni motivi che fanno della Cosa Rossa l’ennesimo progetto fallimentare della sinistra italiana.

La mancanza di una leadership

In qualsiasi democrazia moderna che si rispetti, il leader è quella figura capace di incarnare il progetto di governo della maggioranza che vince le elezioni, di assumere la responsabilità individuale della realizzazione di questo progetto, di rendicontare ai cittadini elettori il rapporto tra quel che si è detto e quanto si è fatto. Sinistra Italiana non può offrire nell’arena della politica una figura simile (con tutto il rispetto per i Fassina, i Vendola e  i D’Attorre). Sia per motivi culturali e storici, come l’eterno ritorno del frazionismo. Sia per motivi ideologici, come la sconclusionata idea che qualsiasi tipo di leadership sia intrinsecamente antidemocratica.

Forme organizzative senza fantasia

La nuova (sigh!) formazione di sinistra non nasce – come retorica pretenderebbe – ‘sulla strada’ o ‘fra la gente’. Nasce da un’accozzaglia di capi e capetti in cerca d’autore, in un borghesissimo teatro del centro e per fondare un gruppo parlamentare ‘nuovo’, numericamente corrispondente ad un modesto rimpolpo di SEL, il partito dei vendoliani. Di romantiche mobilitazioni dal basso nemmeno a parlarne. Tecnicamente, una operazione ‘di palazzo’, dove il contributo del tanto vezzeggiato popolo della sinistra è pari a zero. Una sceneggiata vissuta già mille volte, dai tempi (un po’ più nobili) della dalemiana Cosa2 a quelli (decisamente farseschi) di Azione civile di Ingroia e via elencando.

Comunicazione banale e retrograda

Tristi foto con un mucchietto di leader finto-giovani, cravatte rosse su camicie (comunque) bianche, appelli alla mobilitazione, richiami alle ferite e alle offese subite, attacchi alle promesse di felicità nel nome di plumbei richiami alla giustizia, trite retoriche antiduciste e antiliberiste, comizietti abborracciati tra turisti perplessi nelle viuzze del centro storico della Capitale. I comunicatori di Sinistra Italiana non si sono sforzati davvero, avrebbero potuto concepire qualcosa di meglio in termini di strumenti e di slogan. Ma la verità è che – se anche lo avessero fatto – non avrebbero potuto spremere troppo di più da un limone ormai avvizzito. Come di norma accade, il deficit di comunicazione dipende da un deficit di contenuti.

Il ‘blocco sociale’ che non c’è

Ad una sinistra minoritaria e settaria non può certamente chiedersi un programma di governo allo stesso tempo concreto e ‘universale’.  Né, dunque, si può pretendere che abbia la capacità di rivolgersi a settori diversi della popolazione per comporne gli interessi. Ma almeno un ‘blocco sociale’ di riferimento – come si chiamava una volta – almeno quello sì. Probabilmente, almeno nella mente di Fassina, che sembra essere l’ideologo del gruppo, questo blocco parrebbe coincidere con il mondo del lavoro salariato. Un mondo che tuttavia ha ridotto sensibilmente il suo perimetro di rilevanza nelle società moderne a vantaggio di nuove forme di lavoro, soprattutto di tipo autonomo. Il mondo del lavoro si è trasformato radicalmente ovunque e chiede nuove modalità di tutela. Lo stesso mondo del lavoro tradizionale appare assai frastagliato. Insomma, Sinistra Italiana vuole rappresentare un mondo che non c’è più, mentre il mondo reale nemmeno si accorge della sua presenza. Davvero un bel pasticcio.

L’ideologia anti

Ovviamente, tutto quanto si è detto deriva da un motivo ben più profondo: l’assenza di contenuti innovativi. Imprigionato negli schemi del passato, il mondo della sinistra ‘rosso antica’ vive alimentando l’utopia del crollo del capitalismo (che non crolla mai), vede fascisti, democristiani, populisti e berlusconiani in ogni angolo, racconta ancora che bisogna punire i ricchi per dare i poveri. Una volta era il SIM, il sistema imperialista delle multinazionali, poi l’Impero, la finanza cattiva e, oggi, il neoliberismo. Una coazione a ripetere che produce umorismi involontari e ironie da social network  (chi non conosce la divertente pagina Facebook “Tutta colpa del neoliberismo” che saccheggia quotidianamente dalla vulgata ‘rosso antica’?). Esperti nella costruzione del mostro-nemico, ecco il bersaglio preferito di questa minestra ideologica: l’uomo nero delle destra, il leader cattivo, l’orco della democrazia. E va bene Benito Mussolini; e va bene Silvio Berlusconi; adesso perfino il boyscout fiorentino.

Alleanze maldestre

Fassina annuncia un possibile voto per i Cinque stelle nell’eventuale ballottaggio a Roma: è la cartina di tornasole della confusione totale che regna nei residui della sinistra rosso antica. Nei documenti che Fassina faceva circolare fino a pochi mesi fa, il M5S era considerato alla stessa stregua dei partiti populisti che emergono in tutta Europa. E la sinistra era invitata a ‘non lisciare il pelo al populismo’. Oggi quell’intimazione è venuta meno. Il populista per eccellenza resta Matteuccio, mentre con i grillini si ritenta l’operazione classica – già fallita con Bersani – del ‘frontismo’ più ingenuo: mettere insieme le forze dell’Alternativa democratica contro il Partito della Nazione. Soggetto e sceneggiatura andate in onda mille volte e sempre perdenti. Come un vecchio vampiro, la Cosa Rossa vorrebbe succhiare il sangue giovane della new age grillina. Operazione abbastanza improbabile: non si capisce infatti che il M5S è una forza post-ideologica che ha ben poco da spartire con la sinistra storica, che molti ex quadri della sinistra militano nei Cinque stelle da tempo, che moltissimi elettori votano per Grillo da un pezzo: perché dovrebbe fare il passo del gambero per resuscitare un concorrente moribondo?

In fondo, dobbiamo essere grati alla neonata Cosa Rossa: l’esperimento ‘perfetto’ che ci permette di capire tutto ciò che la sinistra non deve più essere né fare se vuole avere un futuro in questa storia.

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