Il 2017 si è aperto con una buona notizia per il sistema bancario. Il Comitato sulla Supervisione Bancaria di Basilea ha rinviato, con la quanto mai generica formula “al prossimo futuro”, la definizione dell’insieme di regole che avrebbero dovuto rivedere l’attuale normativa di Basilea 3. Il pericolo di Basilea 4 è, almeno per ora, scampato. La stampa italiana, concentrata sulla lunga e complessa situazione di MPS, si è occupata forse troppo poco e troppo rapidamente di questa questione che, al contrario, è di grande importanza e delicatezza per l’intero sistema bancario europeo.
Il Comitato da quasi un anno – è di febbraio 2017 la riunione del G20 di Shangai che le aveva attributo l’incarico – era al lavoro per intervenire sul quadro di Basilea 3 al fine di “assicurare la sua coerenza e massimizzarne la sua efficacia” senza però “aumentare significativamente in maniera generalizzata i requisiti di capitale per il settore bancario”. Nei diversi incontri, durante tutto il 2016, i supervisori si erano trovati dinanzi al problema dell’eccessiva variabilità nei calcoli delle attività ponderate per il rischio con il compito di migliorarne la comparabilità e ridurne le complessità. La discussione, invece, aveva prodotto documenti che, se approvati, avrebbero avuto il deleterio effetto di rendere obbligatori incrementi dei requisiti patrimoniali tra i 600 e i 900 miliardi di Euro per le sole banche europee. Ma il danno non sarebbe stato soltanto di natura economica. Infatti, gli istituti bancari che, per misurare il rischio di credito utilizzano metodi meno complessi, sarebbero stati fortemente penalizzati e l’uso di modelli interni, la cui realizzazione tanto era costata alle singole banche, sarebbe stato scoraggiato per gli eccessivi vincoli da introdurre. Insomma una serie di effetti negativi per l’intermediazione del credito e l’economia. E’, infatti, del tutto evidente che ridurre ulteriormente la possibilità di fare credito da parte delle banche avrebbe avuto effetti fortemente negativi sul finanziamento di un’economia reale la cui ripresa, continua ad essere flebile in Europa e, ancor di più in Italia.
Nel segnalare, in questi mesi, il problema che stava emergendo e i pericoli ai quali si andava incontro, non siamo stati certo soli. Contro Basilea 4 si sono, infatti, espressi, direttamente o indirettamente, in momenti diversi e con toni e motivazioni diverse, il Presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, la Commissione e il Parlamento Europeo, ma anche il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, la Federazione Bancaria Internazionale e l’ABI con il suo Presidente Antono Patuelli e, potremmo dire senza pericolo di essere smentiti, l’intero mondo bancario e finanziario europeo, oltre a singole e più o meno grandi banche nazionali ed internazionali e alle associazioni che le rappresentano.
Quasi certamente il motivo del congelamento e, quindi, del rinvio a data da stabilirsi, è da ricercare nella necessità, da parte del Comitato, di capire bene quale sarà la posizione della Casa Bianca nell’era di Donald Trump. Se, cioè, il nuovo Presidente degli Stati Uniti vorrà ammorbidimenti delle regole per le banche d’affari e le società finanziarie statunitensi o vorrà, cosa improbabile, seguire la linea post crisi 2008 più rigida del suo predecessore Obama. Il livello dello scontro tra banche europee e statunitensi non è nuovo e non è certo superato, per cui nulla è scontato e anche per questo, continua ad essere importante non abbassare la guardia nei confronti del processo di revisione dell’impianto regolamentare che potrebbe, comunque, riprendere la sua pericolosa strada. Intanto, però, salutiamo con soddisfazione questo stop e lo facciamo perché le conseguenze della messa in pratica di ciò che era emerso sarebbero state davvero deleterie certamente, come abbiamo visto, per l’intero sistema economico ma soprattutto per le Piccole e Medie Imprese per le quali l’accesso al credito sarebbe stato, di fatto, sempre più difficile se non impossibile. Una banca per erogare un prestito a una piccola o media impresa, tanto più se di nuova costituzione, sarebbe stata costretta ad accantonamenti ancora più elevati con ulteriore riduzione della propria operatività di finanziamento. Una spirale con effetti negativi non solo per i profitti delle banche ma, prima di tutto, per l’economia reale.
Lo ripetiamo da anni e continueremo a farlo perché ne siamo convinti: la riduzione del rischio sarà, molto naturalmente, conseguenze della ripresa e della crescita economica. Ma la ripresa va favorita e non certo ostacolata indirettamente con la riduzione di fare credito delle banche che, al contrario, vanno messe nelle condizioni di svolgere la proprio attività che è quella di finanziare e sostenere l’economia.
Segretario Generale dell’Associazione Nazionale fra le Banche Popolari