di Giovanni Cominelli
Il 3 dicembre l’OCSE ha presentato a Parigi il Rapporto OCSE-PISA 2018, mentre l’Istituto Nazionale di Valutazione del Sistema di Istruzione (INVALSI) ha fatto lo stesso per gli esiti italiani dell’indagine. PISA è un acronimo che sta per “Programme for International Students Assessment”. Al Programma di valutazione internazionale degli studenti hanno partecipato 79 Paesi, ben oltre i confini dei 37 Paesi dell’OCSE, cioè dei Paesi più industrializzati del mondo. Sono infatti coinvolti anche Paesi dell’Asia, dell’Africa e dell’America latina.
Oggetto della valutazione sono gli studenti quindicenni; si tratta di verificare in quale misura essi abbiamo acquisito le conoscenze e le competenze-chiave essenziali per la partecipazione alla vita sociale relativamente a Lettura, Matematica e Scienze e alla cosiddetta “competenza globale”.
La literacy di Lettura è stata il campo di indagine principale, Matematica e Scienze quello secondario. PISA 2018 ha rilevato anche la literacy finanziaria. L’Italia non ha partecipato alla rilevazione della competenza globale, ma a quella della literacy finanziaria.
Per chi voglia documentarsi ulteriormente su contenuti e metodi dell’indagine PISA nel mondo e in Italia dovrà comunque consultare il Rapporto. Certamente non l’hanno fatto quei giornalisti faciloni, incompetenti e irresponsabili, i quali hanno scritto che tale indagine sarebbe stata condotta dall’Università della città, dove pende la famosa Torre. Peggio: che in Italia solo 1 alunno su 20 sarebbe capace di Lettura…
I più bravi sono i cinesi
Quali sono i dati più rilevanti? A livello mondiale basterà solo una notazione: le province cinesi di Beijing (Pechino), Shanghai, Jiangsu, Zhejiang (B. S. J. Z.) e Singapore ottengono un punteggio medio superiore a quello di tutti i Paesi che hanno partecipato a Pisa.
E per quanto riguarda l’Italia? L’istantanea delle prestazioni degli studenti italiani in Lettura, Matematica, Scienze li colloca a punti 476 in Lettura, sotto di 11 punti rispetto alla media OCSE; in Matematica stanno a punti 487, sotto di due rispetto alla media OCSE; in Scienze la media italiana è di 468, quella OCSE è di 489.
Mentre i top performer sono 1 su 10 nella media OCSE, in Italia sono 1 su 20. Difettiamo, insomma, non tanto di capacità di Lettura, ma, all’interno di ben 7 gradini di valutazione, sono pochi i ragazzi che occupano le posizioni più elevate.
In Italia Nord e Sud si allontanano ancora di più
All’interno del Paese, è sempre molto ampio il divariotra Nord-Sud: gli studenti delle aree del Nord ottengono in Lettura i risultati migliori (Nord Ovest 498 e Nord Est 501, sopra la media Ocse), mentre i loro coetanei delle aree del Sud sono quelli che presentano le maggiori difficoltà (Sud 453 e Sud Isole 439). I quindicenni del Centro conseguono un punteggio medio di 484.
La frattura Nord-Sud non si ricompone lungo gli anni. I dati OCSE confermano, al riguardo, quelli forniti ripetutamente dall’INVALSI.
Quanto alla capacità di Lettura, a seconda del tipo di indirizzi scolastici, i Centri di formazione professionale arrivano a 404 punti (media OCSE 487, media Italia 476), gli Istituti professionali di Stato vanno peggio con 395 punti, gli Istituti tecnici stanno a 458, i Licei a 521.
Stiamo migliorando o peggiorando? La comparazione con le sei rilevazioni triennali precedenti, a partire dal 2000, mostra una sostanziale continuità nella Lettura, mentre in Matematica si è registrato un miglioramento tra il 2006 e il 2009, ma poi si è fermato là. In Scienze il peggioramento è netto: da 475 del 2000 a 468 del 2018.
Le differenze di genere si confermano per le preferenze dei ragazzi per Matematica e Scienze e delle ragazze per Lettura, che vanno a riflettersi nella scelta degli indirizzi e delle conseguenti professioni. La scelta delle professioni STEM (Science,Technology, Engineering and Mathematics) in Italia resta bassa. Solo un ragazzo su 4 fra gli studenti con alto rendimento in Matematica e Scienze prevede di lavorare come ingegnere o professionista nell’ambito delle scienze a 30 anni; per le ragazze si tratta poi di 1 su 8. Sempre allo stesso livello di competenze – studenti che perciò hanno più probabilità di andare all’Università – le professioni sanitarie invece attraggono 1 ragazza su 4, a fronte dell’1 su 9 dei ragazzi.
Equità da “poveri e belli”
Quanto alle differenze di prestazione, correlate a quelle di status economico-sociale, il nostro Paese registra minori differenze. Ma sarebbe una conclusione frettolosa sostenere che sia più equo degli altri. In realtà, accade che i ragazzi che hanno uno status economico-sociale più alto raggiungano livelli di prestazione più bassi rispetto agli omologhi OCSE. Equità da “poveri e belli”, tendente al basso. Pertanto, anche i nostri studenti con risultati più alti – soprattutto i “bravi” però socialmente svantaggiati – manifestano ambizioni basse: non si aspettano di terminare l’istruzione terziaria dei loro coetanei fuori di Italia.
E i migranti? L’OCSE non usa il termine “immigrati”. Nel nostro sistema scolastico sono passati dal 6% al 10%. Anche se più della metà si colloca fra i socialmente svantaggiati, il 14% arriva al quartile superiore di prestazioni in Lettura. Come a dire: chi sta in basso dal punto di vista economico-sociale spinge verso l’alto, chi sta in alto tende al basso. Il che la dice lunga sulla “società signorile di massa” del Paese.
I criteri di scelta dei genitori
Del resto, è significativa la gerarchia dei quattro criteri usati dai genitori per la scelta della scuola per i propri figli: Per 3 genitori su 4 la scala è la seguente: ”C’è un ambiente scolastico sicuro”, “C’è un clima scolastico attivo e piacevole” “La scuola ha una buona reputazione” e “La scuola si concentra sull’insegnamento delle lingua straniere”. Solo due genitori su tre hanno valutato come importanti o molto importanti ”I risultati scolastici degli studenti nella scuola sono alti”.
Se la massa di dati offerti dal Rapporto OCSE-PISA 2018 richiede uno studio lungo e approfondito, alcune macro-conclusioni si possono già trarre.
Alcune (amare) conclusioni
La prima: siamo 29esimi su 37 Paesi dell’OCSE; eppure siamo la seconda manifattura europea e tra le prime dieci potenze industriali. Stiamo scendendo la scala, lentamente, ma costantemente. Ma finora Cassandra non è stata ascoltata.
La seconda: la faglia italiana Nord-Sud si allarga, nonostante proclami, investimenti, gridi di dolore e “gride” governative.
Una domanda per la società civile, per le famiglie, per la politica si sta facendo di anno in anno più urgente: fino a quando si tarderà a riformare un modello di sistema educativo nazionale, che risale, per quanto riguarda l’Italia, al 1859?
Giacché è evidente che esso non genera equità, se non al ribasso, non forma capitale umano all’altezza della nuova era industriale, non muove più, da tempo, l’ascensore sociale verso l’alto. L’egoismo corporativo di individui e gruppi sociali, la politica china sull’orizzonte provinciale del “prima gli Italiani”, una società civile incapace di responsabilità e di sacrificio hanno sottoprodotto un’emergenza educativa sempre più grave. Quousque tandem?
(Pubblicato su www.santalessandro.org il 7 dicembre 2019)
E’ stato consigliere comunale a Milano e consigliere regionale in Lombardia, responsabile scuola di Pci, Pds, Ds in Lombardia e membro della Commissione nazionale scuola, membro del Comitato tecnico scientifico dell’Invalsi e del CdA dell’Indire. Ha collaborato con Tempi, il Riformista, il Foglio, l’ Avvenire, Sole 24 Ore. Scrive su Nuova secondaria ed è editorialista politico di www.santalessandro.org, settimanale on line della Diocesi di Bergamo.
Ha scritto “La caduta del vento leggero”, Guerini 2008, “La scuola è finita…forse”, Guerini 2009, “Scuola: rompere il muro fra aula e vita”, BQ 2016 ed ha curato “Che fine ha fatto il ’68. Fu vera gloria?”, Guerini 2018.