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Taglio dei parlamentari: non c’è un nesso con la legge elettorale

Carlo Fusaro venerdì 14 Agosto 2020
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di Carlo Fusaro

 

Come sempre quando è in ballo il minimo correttivo alla costituzione (anche il meno impattante, anche quello votato da TUTTI, anche quello proposto da SEMPRE) si scatena la fantasia dei fautori del “sempre e comunque NO” (per il merito, per ciò che c’è, per ciò che non c’è, per chi l’ha proposto, per chi si è opposto, per chi NON si è opposto, etc. etc. etc.). Molte sono vere e proprie arrampicature sullo specchio (tipo la faccenda dell’election day). Altre sono bufale, altre semi-bufale.

Oggi mi occupo del (presunto) nesso riduzione dei parlamentari / legge elettorale. E lo fo perché alcuni dirigenti del Pd insistono, assecondati e incalzati dai giornalisti più conservatori (uno per tutti? Il “vecchio” Federico Geremicca su “La Stampa” del 13 agosto) nel lamentare che la riduzione dei parlamentari è stata già votata, la nuova legge elettorale ancora no mentre una specie di contemporaneità (questo sostengono non a caso alcuni fautori nascosti o espliciti del “NO”) sarebbe stata nei programmi.

Beh, le cose non stanno così.

Primo, dal punto di vista istituzionale non c’è alcun nesso immaginabile fra numero dei parlamentari e legge elettorale (almeno finché siamo nell’ordine delle centinaia di rappresentanti). La riforma sotto questo aspetto è neutra.

Secondo, dal punto di vista politico c’erano solo impegni (c’erano) ma generici. Si veda – unico riferimento impegnativo – in calce al mio pezzetto le parole di Conte al momento della presentazione del Governo alle Camere (settembre 2019).

Terzo, una qualsivoglia contemporaneità era ovviamente impensabile sin dall’inizio: la riduzione dei parlamentari attendeva la quarta e ultima votazione, che ci sarebbe stata a ottobre. La legge elettorale non era neanche stata presentata (lo farò solo il 13 gennaio 2020, l’on. Brescia, M5S, a nome dei gruppi di maggioranza “come contributo al dibattito”!). Non basta. Non fosse stato per 71 furbetti la revisione costituzionale sarebbe diventata cosa fatta sempre a gennaio, dopo essere stata approvata alla Camera dal 99% dei presenti e dall’88% dei componenti!

Quanto agli altri progetti (sacrosanto il suffragio universale al Senato, che oggi non c’è!!! viva il bicameralismo italiano! discutibili e comunque marginali la riduzione dei delegati regionali nell’elezione del presidente della Repubblica e la possibilità sempre per il Senato di prevedere circoscrizioni interregionali più ampi di quelle regionali delle regioni piccole) sono costituzionali: e quindi richiedono quattro letture quattro (solo uno, il voto ai 18 enni, essendo stato votato una volta).

Infine, last but not least, sulla legge elettorale, ad oggi (oggi!), non esiste una maggioranza che voti quella che vorrebbe il Pd su questo assecondato dal M5S (non ci sta Italia Viva, ha dubbi Leu).

Il succo qual è? Che è legittimo chiedere con forza all’alleato e a Conte di far andare avanti le misure genericamente concordate, ma non ha senso né lamentarsi che non siano già cosa fatta né pretendere che lo diventino a breve. Vuol dire chiedere l’impossibile e rischia di apparire una scusa per fare un voltafaccia (perdente) verso il NO o verso un “votate come vi pare”: l’ultima figuraccia.

Ma ecco cosa disse Conte il 9 settembre 2019: «Per quanto riguarda il tema delle riforme costituzionali, è nostra intenzione chiedere l’inserimento, nel PRIMO calendario utile della Camera dei Deputati, del disegno di legge costituzionale che prevede la riduzione del numero dei parlamentari. Questa riforma dovrà essere affiancata da un percorso volto a incrementare le garanzie costituzionali e di rappresentanza democratica, anche favorendo l’accesso democratico alle formazioni minori e assicurando – nello stesso tempo – il pluralismo politico e territoriale.
In particolare, occorrerà AVVIARE un percorso di riforma, quanto più possibile condiviso qui in sede parlamentare, del sistema elettorale. Contestualmente, E’ NOSTRO OBIETTIVO procedere a una riforma dei requisiti di elettorato attivo e passivo per l’elezione del Senato e della Camera, nonché avviare una revisione costituzionale volta a introdurre istituti che assicurino maggiore equilibrio al sistema e contribuiscano a riavvicinare i cittadini alle istituzioni.»

E’ chiara la genericità e limitatezza differenziata attentamente dell’impegno? Zingaretti e C. non fate quelli che cascano dal pero. Ci fate brutta figura.

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