di Stefano Ceccanti
TESTO DELLA LETTERA CHE HO INVIATA IERI AL SEGRETARIO LETTA E A TUTTI I COMPONENTI DEL COMITATO COSTITUENTE
3 domande per fare chiarezza prima di continuare: limiti del mandato costituente, grado necessario di condivisione, distinzione fondamentale tra contenuti del Manifesto e dello Statuto
Caro Enrico, cari tutti,
ho ascoltato ieri con attenzione la nostra riunione, anche se per momentanee ragioni di salute non ero purtroppo in grado di intervenire.
Sempre che io abbia capito bene le introduzioni e il primo dibattito, la ritengo per vari motivi una falsa partenza, spero rimediabile, ma per questo occorre estrema franchezza tra di noi ed anche in pubblico. Per questi motivi, dopo averlo inviato a voi, renderò pubblico questo testo, come del resto molti hanno fatto ieri coi loro interventi che è centrato su una richiesta di chiarezza su tre quesiti puntuali.
Il Manifesto da riscrivere equivale ai primi dodici articoli della nostra Costituzione, testo del 2007 e quindi nostro proprio di tutti coloro che oggi partecipano al di là della rottura del 2018. Uno di questi articoli, nella Costituzione, lo abbiamo modificato recentemente, il 9, per introdurre il diritto all’ambiente e abbiamo fatto bene perché i principi sono scritti per non tornare indietro e non dobbiamo precluderci di modificarli per andare avanti. Però durante quella riforma abbiamo lavorato per consenso quasi unanime e senza toni liquidatori.
Ieri invece ho avuto la sensazione, anche da un eccesso di critiche liquidatorie, alcune forse manifestamente infondate se le ho ben capite (è stato detto che c’era un eccesso di ottimismo, quasi da fine della storia, ma è una tesi lì esplicitamente confutata), che si sia scambiato il dibattito costituente col confronto anche aspro tra candidati e mozioni che ci impegnerà più avanti. Non certo ora.
Da qui una prima domanda di sistema: il mandato è di proporre all’Assemblea nazionale di aggiornare un Manifesto da guardare comunque con rispetto o di azzerarlo ritenendolo da cestinare in blocco per sostituirlo con un testo completamente diverso? Dobbiamo aggiornare la Costituzione o cambiare di Costituzione? E’ evidente che un’Assemblea ad un mese dalla sua scadenza ha la legittimazione per operare la prima scelta, ma non la seconda. Chi sostiene la seconda posizione dovrebbe chiedere un mandato a iscritti ed elettori per la prossima Assemblea, non utilizzare questa per fini impropri e, quindi, illegittimi. Del resto cosa altrimenti vorrebbe dire la frase che ci vincola a elaborare il testo “a partire dalle positive intuizioni presenti nel manifesto dei valori adottato alla fondazione del PD”? (Norma transitoria votata dall’Assemblea come art. 55.2.1?
Va bene vincolare chi vincerà, chiunque sia, ad un quadro condiviso di principi e valori, ma appunto condiviso e di aggiornamento, non di parte e di azzeramento.
La mia disponibilità resta piena nel primo caso, mentre non vi potrebbe essere nella seconda perché si tratterebbe di un intervento a forti dubbi di legittimità statutaria anche per una fase cosiddetta costituente.
Anche per questo pongo una seconda domanda: qual è il grado politico di condivisione prima che numerico da ritenere necessario nel Comitato e in Assemblea per procedere all’aggiornamento, per ritenere il nuovo testo realmente condiviso?
C’è poi una terza questione più specifica, ma non meno importante: con insistenza, ieri, da parte di più di un intervento, si è chiesto di rimuovere l’elezione del segretario col turno decisivo di primarie aperte come se fosse uno dei punti qualificanti del nostro contributo lavoro costituente, peraltro dopo che tale metodo è stato confermato da tutti anche per questa scadenza congressuale. Ora è possibile includere nel nostro lavoro questo tema importante di organizzazione in un Manifesto che deve riscrivere i Principi Fondamentali e che appunto per questo non li ha ricompresi nel testo del 2007? A mio avviso decisamente no. Si ipotecherebbe in modo del tutto anomalo con un’invasione di competenze il potere di revisione statutaria che spetterà alla prossima Assemblea. Peraltro si potrebbe delegittimare col Manifesto un metodo che stiamo nel contempo utilizzando solennemente per chiudere la fase costituente? Per questa ragione ai sostenitori di questa tesi occorrerebbe ricordare di proporla in sede di conflitto tra candidati e mozioni. In ogni caso è materia propria di uno Statuto, non di un Manifesto. Il Manifesto è poi incorporato nello Statuto, ma lo è rispecchiando la ferma distinzione contenutistica tra i due, esattamente come nei primi 12 articoli della Costituzione non si spiega come si forma il Governo e lo si demanda solo alla Seconda parte della Carta. Anche qui saremmo, nel caso, di fronte a evidenti problemi di legittimità statutaria.
Anche la risposta a questa domanda resta dirimente per mantenere la mia disponibilità.
Grazie a tutti.
Vicepresidente di Libertà Eguale e Professore di diritto costituzionale comparato all’Università La Sapienza di Roma. È stato Senatore (dal 2008 al 2013) e poi Deputato (dal 2018 al 2022) del Partito Democratico. Già presidente nazionale della Fuci, si è occupato di forme di governo e libertà religiosa. Tra i suoi ultimi libri: “La transizione è (quasi) finita. Come risolvere nel 2016 i problemi aperti 70 anni prima” (2016). È il curatore del volume di John Courtney Murray, “Noi crediamo in queste verità. Riflessioni sul ‘principio americano'” , Morcelliana 2021.