di Vittorio Ferla
La rimonta di Kamala Harris, vicepresidente Usa e candidata democratica per la Casa Bianca, protagonista in questi giorni della convention dem di Chicago, propone ora difficoltà inaspettate per Donald Trump, il tycoon che pensava di avere in tasca la vittoria grazie agli affanni del suo avversario Joe Biden. Il presidente in carica, costretto al ritiro dal suo partito, inaugurando la convention ha trasformato la sua rinuncia in un trionfo, diventando un eroe della commossa e grata platea di Chicago e lanciando la sua delfina verso il successo finale.
Di fronte a questo cambio di scenario, la strategia classica del candidato repubblicano comincia a fare acqua da tutte le parti.
In primo luogo, a dispetto dei suggerimenti dei suoi consiglieri politici che lo invitano a parlare dei problemi reali della gente, Donald Trump continua a preferire gli insulti personali contro l’avversaria e trascura qualsiasi messaggio positivo che dovrebbe viceversa animare la campagna di un aspirante alla Casa Bianca. “Harris ride come una pazza”, accusa il tycoon, e quindi “è inadatta per governare”. “L’ho vista raffigurata molto meglio di com’è, sembrava Sophia Loren, ma io sono più bello di lei”, ha aggiunto in un comizio. “È nera o indiana?”, ha chiesto più volte per minare il suo rapporto con l’elettorato afroamericano. Un campionario di attacchi diretti e alla persona che forse potevano avere facile prese contro Joe Biden, indebolito dalle fatiche del declino senile, ma che nel caso di Harris rivelano più che altro una impasse strategica e rendono goffamente grottesco chi li pronuncia.
In più, specializzato nella costruzione di notizie false nonché nella manipolazione di quelle vere, Trump ha perfino pubblicato sul suo social Truth una foto manipolata raffigurante Harris di spalle sul podio della convention, davanti a una platea di delegati in uniforme con bandiere rosse e sullo sfondo una enorme drappo rosso con falce e martello. In un altro post il tycoon accusa che “il padre della compagna Kamala era un professore di economia marxista. È davvero questo che vogliamo per il nostro Paese? Sarebbe la fine dell”America!”.
Ma l’apice del ridicolo arriva quando Trump posta una serie di immagini false di Taylor Swift, la celeberrima cantante americana, che fa l’endorsement a suo favore. Una delle foto manipolate dall’intelligenza artificiale raffigura Swift come Zio Sam con il testo “Taylor vuole che tu voti per Donald Trump”. Le altre foto ritraggono fan di Swift che indossano magliette con la scritta “Swifties for Trump”. Un vero e proprio delirio autoillusionista che rischia di precipitare lo stesso tycoon in un mondo fasullo completamente alternativo alla realtà. Che racconta tutta un’altra storia.
Subito dopo il ritiro di Joe Biden e l’appoggio a Kamala Harris, infatti, un folto gruppo di fan di Swift ha formato una comunità chiamata “Swifties for Kamala”: pur non essendo affiliato direttamente alla cantante, il gruppo vanta già più di 60 mila follower su X. Al momento, viceversa, non è stato ancora formato un gruppo ufficiale “Swifties for Trump”, anche se, com’è normale che sia in un pubblico così vasto, la superstar ha anche dei fan conservatori e pro-Trump che hanno espresso il loro sostegno all’ex presidente attraverso i loro account individuali sui social media. In ogni caso, è totalmente smentita ad oggi la dichiarazione del portavoce della campagna di Trump, Steven Cheung, alla CNN: “Swifties for Trump è un movimento di grandi dimensioni che cresce ogni giorno!”. Con buona pace di Trump e dei suoi seguaci, esistono al contrario prove provate sull’orientamento democratico di Taylor Swift che, nell’ottobre 2020, ha appoggiato Biden e Harris con questa dichiarazione (tra le altre) alla rivista VMagazine: “Il cambiamento di cui abbiamo più bisogno è eleggere un presidente che riconosca che le persone di colore meritano di sentirsi al sicuro e rappresentate, che le donne meritano il diritto di scegliere cosa succede ai loro corpi e che la comunità Lgbtqia+ merita di essere riconosciuta e inclusa”. È proprio vero che le bugie hanno le gambe corte.
Viceversa, c’è una notizia emergente che rischia di diventare davvero imbarazzante per Trump. Secondo la nuova media dei sondaggi del sito 538 (collegato alla Abc), fondato dal celebre analista Nate Silver, il compagno di corsa della Harris nonché governatore del Minnesota Tim Walz guadagna consensi rispetto all’omologo repubblicano J.D. Vance, candidato a vice di Trump. Tim Walz è apprezzato dal 38% degli americani (il 33% esprime un’opinione sfavorevole), mentre J.D. Vance può contare sul gradimento del 33% di concittadini (mentre il 42% manifesta un’opinione sfavorevole). “Abbiamo applicato la stessa formula di media dei sondaggi di gradimento alle scelte dei sei vicepresidenti degli ultimi 20 anni e nessuno di loro ha mai avuto un indice di gradimento netto medio basso come quello di Vance”, assicura Nathaniel Rakich di 538/Abc. Ora, continua il sondaggista, è vero che “il partito ha una base considerevole che rimarrà fedele a prescindere da tutto”, tuttavia “Vance è talmente impopolare che sembra assai probabile che possa costare a Trump qualche voto, e questo renderà nervosi i repubblicani”.
Ma le notizie negative per Trump non sono finite. Sia nei sondaggi nazionali che in quelli degli swing state, gli stati in bilico, Kamala Harris ha riguadagnato buona parte del terreno che Biden aveva perso all’interno di gruppi di elettori tradizionalmente democratici come gli afroamericani e i giovani, con una ripresa più modesta – ma pur sempre una ripresa è – nella constituency dei latinoamericani. Allo stesso tempo, sia nei sondaggi nazionali che in quelli condotti negli stati critici della Rustbelt, la cintura della ruggine, ovvero Michigan, Pennsylvania e Wisconsin, sta eguagliando o superando i risultati di Biden tra i bianchi più anziani e gli esponenti della classe operaia, due gruppi in cui Biden, prima del ritiro, aveva in gran parte mantenuto lo stesso livello di sostegno del 2020.
È tutt’altro che certo, invece, che Harris possa rovesciare la primazia repubblicana nella Sunbelt, l’area che comprende stati come la Carolina del Nord e la Georgia nel sud-est, l’Arizona e il Nevada nel sud-ovest. Ovviamente, Trump resta forte nelle preferenze degli elettori bianchi senza laurea o comunque poco istruiti che saranno probabilmente il pubblico più ostile all’estremismo culturale woke e più ricettivo alle accuse del GOP contro Harris su temi chiave come la criminalità e l’immigrazione. Pertanto la partita resta aperta, ma il vento è cambiato: Kamala Harris è diventata la lepre da inseguire.
Giornalista, direttore di Libertà Eguale e della Fondazione PER. Collaboratore de ‘Linkiesta’ e de ‘Il Riformista’, si è occupato di comunicazione e media relations presso l’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale del Lazio. Direttore responsabile di Labsus, è stato componente della Direzione nazionale di Cittadinanzattiva dal 2000 al 2016 e, precedentemente, vicepresidente nazionale della Fuci. Ha collaborato con Cristiano sociali news, L’Unità, Il Sole 24 Ore, Europa, Critica Liberale e Democratica. Ha curato il volume “Riformisti. L’Italia che cambia e la nuova sovranità dell’Europa” (Rubbettino 2018).