Il dittatore siriano Bashar al-Assad è stato messo alla porta all’inizio di dicembre e i nuovi governanti del paese sono ancora alle prese con compito monumentale: unificare la Siria dilaniata dalla guerra e tracciare una nuova rotta. Ovviamente, il quadro di come stanno andando le cose si presenta variegato, con elementi positivi e negativi.
Dato che il presidente ad interim Ahmad al-Sharaa – che controlla il paese con i rappresentanti di Hay’at Tahrir Al-Sham (HTS), la formazione armata islamista architrave del blocco di gruppi che ha provocato la fine della dinastia degli al-Assad – si è presentato come un leader pragmatico che tratterà le minoranze religiose ed etniche in modo equo, si è accesa la speranza di pace e inclusività. Si trattava infatti di una delle maggiori preoccupazioni data la precedente carriera del presidente ad interim come jihadista e la sua passata associazione con l’ISIS.
Questo mese, quella speranza è stata scossa dalle uccisioni di massa di alawiti (la setta minoritaria da cui proviene Assad, e quindi la più vulnerabile ora che il potere è cambiato) nella città siriana nordoccidentale di Latakia (https://edition.cnn.com/…/syria-massacre…/index.html). Sulla rivista New Lines Magazine, il giornalista siriano alawita Kamal Shahin scrive: “Quindici cadaveri giacevano sulla mia strada. Cinque di loro sono poi scomparsi senza lasciare traccia. A Dahya, non lontano da casa mia, uomini mascherati e armati hanno trascinato fuori casa il mio amico, il direttore alawita del centro culturale della città, e lo hanno giustiziato in mezzo alla strada. Il suo corpo è rimasto lì per un giorno intero, intatto” (https://newlinesmag.com/…/massacres-on-the-syrian-coast/). La violenza era rivolta ai “resti” dell’ex regime di Assad, scrive Shahin, ma, come sempre, quell’etichetta è stata applicata con disinvoltura e sono state uccise persone comuni alawite. Nabil Fahmy scrive per The Cairo Review of Global Affairs che la violenza “potrebbe indicare che HTS sta lottando per controllare le molteplici fazioni che compongono la sua coalizione”(https://www.thecairoreview.com/…/syria-remains-at-a…/). Il presidente ad interim Sharaa ha giurato (https://www.yahoo.com/…/syrias-sharaa-vows-justice-days…) di punire i responsabili, anche se ciò include i suoi stessi alleati.
Subito dopo i massacri, Sharaa ha stipulato un accordo provvisorio con la regione autonoma curda della Siria per integrarla nel governo post-Assad (https://edition.cnn.com/…/kurdish-syria-sdf…/index.html). Questo tuttavia è solo uno dei pezzi del puzzle che Sharaa e HTS devono incastrare. Altri pezzi – come specifica il paper redatto da Qutaiba Idlbi dell’Atlantic Council, Charles Lister del Middle East Institute e Marie Forestier dell’European Institute of Peace con il titolo “Reimmaginare la Siria. Una tabella di marcia per la pace e la prosperità oltre Assad”: https://www.mei.edu/sites/default/files/Reimagining Syria.pdf – comprendono la formazione di un governo inclusivo di minoranze e di donne, la mitigazione della mancanza di coesione politica derivante dal fatto che diverse persone e fazioni controllano diverse regioni della Siria e parti del governo, l’emarginazione dell’estremismo all’interno della coalizione di HTS, la ricostruzione di un’economia in frantumi e il perseguimento di una giustizia transizionale per coloro che hanno sofferto sotto il regime di Assad. Come hanno scritto questo mese Patrick Vinck, Salam Alsaadi, Geoff Dancy, Oskar Timo Thoms e Phuong Pham su Foreign Affairs, garantire un futuro alla Siria potrebbe richiedere infatti di guardare indietro e cercare giustizia per i crimini passati (https://www.foreignaffairs.com/…/syria-moving-forward…).
Si discute molto delle inclinazioni di Sharaa e di HTS. Il loro lato islamista finirà per emergere o il pragmatismo e il pluralismo diventeranno la priorità? Sul blog Diwan del Carnegie Endowment for International Peace, Nathan J. Brown sostiene che Sharaa cercherà di bilanciare entrambi gli elementi, parlando di libertà civili ma anche di giurisprudenza islamica. La costituzione provvisoria recentemente adottata dalla Siria “non dice nulla su come verrà sostituita”, osserva Brown. “Il processo di stesura di una costituzione più permanente sarà colorato dalle lotte politiche dei prossimi anni” (https://carnegieendowment.org/middle-east/diwan/2025/03/syrias-leaders-show-their-intentions?lang=en¢er=middle-east).
Su The Atlantic, Robert F. Worth scrive che, indipendentemente dal fatto che siano più fondate le speranze o i timori, Sharaa potrebbe in ogni caso essere l’unica persona in grado di tenere unita la Siria (https://www.theatlantic.com/…/syria-assad…/682135/).
“Un prete cristiano mi ha stupito paragonando Sharaa a San Paolo, che, mi ha ricordato, partì per Damasco come un fanatico con l’intenzione di punire i cristiani, ma cambiò idea lungo il cammino”, scrive Worth, accennando ai timori che HTS perseguiterà cristiani, alawiti, drusi, sciiti e altre minoranze. “Persino alcuni di coloro che odiano Sharaa ammettono che nessun altro ha il potere e il carisma per contenere le furie della Siria. Se Sharaa non può salvarli, forse non può farlo nessuno”. Sharaa ha inviato segnali ambigui, forse per necessità. “Ha promesso di rispettare le diversità della Siria, ma ha accuratamente evitato di usare la parola democrazia, che alcuni islamisti considerano irreligiosa”, scrive Worth. “Le eleganti mosse evasive di Sharaa hanno lasciato molti siriani a chiedersi ansiosi se riusciranno ad adattarsi alla nuova nazione”.
Worth rileva l’instabilità intrinseca della situazione attuale. “Anche se la moderazione di Sharaa è del tutto genuina”, scrive Worth, “non è ancora chiaro se abbia la capacità di governare una nazione grande e diversificata come la Siria. Sharaa ora gestisce il paese con una squadra ridotta all’osso di persone che conosce e di cui si fida da anni, tra cui suo fratello Maher al-Sharaa, ministro della salute in carica. Alcuni di questi uomini non hanno mai ricevuto un’istruzione formale. È un po’ come mettere il dipartimento di polizia di Boston a capo dell’intera metà orientale degli Stati Uniti”.
Un altro grande problema che Sharaa e HTS devono considerare è come risanare un’economia in rovina, che ha sofferto per più di un decennio per la guerra e anche per le severe sanzioni internazionali. “I soldi potrebbero essere la sfida più grande di tutte per Sharaa”, scrive Worth. “Perlomeno nessuno in Siria ha i soldi per fomentare un’altra guerra. Ma se Sharaa non riuscirà a trovare il modo per rendere il paese economicamente sostenibile, la sua coalizione di ex guerrieri potrebbe iniziare a frammentarsi. Persone che hanno studiato la Siria per anni mi hanno suggerito questo scenario più e più volte: non un’altra guerra civile, ma una lenta discesa nell’anarchia, non così diversa da quanto accaduto in Libia, con il paese che si dissolve in un mosaico di enclave gestite da milizie locali”.
Già senatore del Partito democratico, membro della Commissione Esteri e della Commissione Politiche Ue, fa parte della presidenza di Libertàeguale. Parlamentare dal 2001 al 2018, è stato segretario regionale dei Ds del Friuli Venezia Giulia.