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Un ruolo per il Pd: l’alternativa a “romanizzare” i barbari

Pietro Ichino mercoledì 15 Luglio 2020
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di Pietro Ichino

Un modo diverso dall’”alleanza strategica” con il M5S teorizzata da Dario Franceschini, e migliore, per ancorare davvero l’Italia alla UE e all’Occidente

 

Cerco di rispondere alla domanda che Alessandro Maran ci ha posto sul Foglio di martedì 7 luglio (ripubblicato da Libertà Eguale il 9 luglio scorso): “c’è un modo diverso dall’alleanza del Pd con il M5S per ancorare l’Italia all’Europa e tenere la barra dritta sulla rotta atlantica?”.

Domanda che fa seguito a un’altra implicita: “Come si fa a mantenere credibilmente l’Italia nella UE alleandosi a un partito come il M5S, nel quale l’euroscetticismo costituisce ancora un tratto dominante?”.

La risposta a entrambe le domande potrebbe essere:

“Sì, un modo diverso ci sarebbe: occorrerebbe che il Pd avesse la lucidità e la coerenza necessarie per denunciare al Paese i costi immediati e i rischi gravi della linea attuale del Governo nei confronti dell’UE, euroscettica nei toni e nella sostanza, nonostante l’abbandono degli slogan salviniani; e per affermare con forza la necessità di fare, al contrario, dell’Italia una protagonista del rilancio e dell’accelerazione del processo di integrazione europea. Che quindi il Pd avesse il coraggio di presentarsi subito al Paese, e domani alle elezioni politiche, come il punto di riferimento principale di uno schieramento incisivamente europeista”.

Rappresentazione grafica dello spartiacque fondamentale della politica italiana, proposta in https://www.pietroichino.it/?p=52512

Il primo corollario di una scelta come questa sarebbe che il M5S ne verrebbe sfidato a sciogliere le proprie gravissime ambiguità sulla questione fondamentale.

Secondo corollario non meno importante: il porre esplicitamente e con forza al centro della politica nazionale la partecipazione del Paese al processo di integrazione europea costringerebbe Forza Italia a prendere nettamente le distanze dai suoi attuali ingombranti e imbarazzanti alleati, i quali del sovranismo fanno invece la loro bandiera.

Terzo corollario: diventerebbe possibile una sorta di federazione tra il Pd e i tre partiti minori liberal-democratici – Italia Viva, +Europa e Azione –, che diventerebbe il primo polo della politica nazionale, quanto meno sul piano qualitativo.

Ma si può chiedere questo a un Pd che oggi non sembra in grado di esprimere una linea propria neppure in tema di scuola, di politica industriale, di politica del lavoro e di efficientamento delle amministrazioni pubbliche?

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