di Giovanni Cominelli
L’arrivo inaspettato di una diligenza carica di 172 miliardi di Euro è destinato a rendere più inquieto, più conflittuale e perciò più instabile il quadro socio-politico nazionale.
La società civile e la politica sono pronti ad assumersi le responsabilità che la storia pone loro dinnanzi? Non pare.
Non c’è ricostruzione possibile senza Costituente
Il 5 giugno del 1947 l’offerta di una tranche del Piano Marshall riservata all’Italia di 1 miliardo e mezzo di dollari divise il sistema politico, che era nel mezzo della Costituente, tra chi benediva quel denaro e chi lo riteneva, sovieticamente, solo la longa manus dell’imperialismo capitalistico americano.
Oggi, la maggioranza della destra, rappresentata da Salvini e Meloni, sembra pensare che i soldi europei siano soltanto uno strumento di sottomissione al turbocapitalismo europeo, a sua volta servostruttura delle corporations globali. Queste riserve non sono però a tal punto schifiltose dall’impedire la rivendicazione di una massiccia distribuzione di denaro a pioggia sul proprio elettorato vero e presunto.
Quanto al governo, la forte componente assistenzialista che lo costituisce maggioritariamente tira nella stessa direzione di Salvini e Meloni. Il rischio di un compromesso, in nome di una pace politico-sociale assistenziale e della sopravvivenza di un governo, appare molto alto, nonostante le assicurazioni di rito dovute alla Commissione europea, alla BCE, agli amici franco-tedeschi, ai nordici frugali, ai Paesi del Gruppo di Visegrad, che fanno i sovranisti a spese dell’Unione europea e nostre.
La pioggia di miliardi europei rischia di disperdersi infecondamente nella ragnatela di crepe di un Paese frammentato in mille corporazioni e clientele, che oggi innalzano al cielo il loro grido di dolore, senza aver mai pagato, parecchie di loro, neppure un Euro di tasse.
In effetti, ogni anno siamo diligentemente informati che solo la metà degli aventi dovere le versa. E imprenditori e commercianti denunciano meno dei loro dipendenti. La voracità di clientele e corporazioni e la loro indubbia abilità nel mettere le mani sul denaro pubblico – così che le famiglie più abbienti riescono ad accedere ad una quota più che proporzionale di Welfare rispetto a quelle più bisognose – finirà per aggravare le diseguaglianze e la rabbia.
La destra di Salvini-Meloni ha già fatto la scelta: quella di chiedere l’allentamento di ogni vincolo di dovere civico possibile e di cavalcare, al contempo, le urgenze reali, la rabbia per le inerzie della Pubblica amministrazione e del sistema bancario, il ribellismo corporativo, in vista di un autunno, che non vedrà da subito arrivare l’Helicopter money europeo.
Se la condizione fondamentale per ricevere quella mole immensa di denaro è quella delle riforme nei settori-chiave della sanità, della Pubblica amministrazione, della giustizia civile, della scuola… è facile prevedere che non si faranno.
Pessimismo patologico? Qualunquismo scettico? In realtà, manca il soggetto attivo e promotore. Nessuno è più in grado di farne, nessuno le vuole. Nessuna riforma è gratis economicamente o socialmente e nessun governo ha la forza istituzionale di farla. Si tratta di potare una giungla di interessi particolari, fortemente radicati nella società e infeudati nella politica.
Servirebbe una visione della missione dell’Italia nel mondo, sempre che qualcuno lo sapesse vedere, nella condizione drammatica in cui si trova. Questa visione non può averla questo governo, nato fortunosamente da una manovra di palazzo. Né ce l’hanno i partiti che lo sostengono, richiusi sul domani elettorale immediato e ridottisi a megafoni quotidiani di Conte.
La cesura storica che il Covid-19 ha provocato nel giro di qualche mese ne richiede una altrettanto radicale delle culture politiche e dei partiti, che tuttora rappresentano in Parlamento la società civile. Questi mesi hanno scoperchiato il nostro sguardo sulla società civile italiana; sono emersi, come da una radiografia, le parti sane e quelle malate del Paese. Non ne siamo usciti né migliori né peggiori. Chi aveva virtù le ha messe in atto, chi aveva vizi li ha praticati. Le catastrofi non generano automaticamente salvezza.
Da sempre ne escono due spiriti: lo spirito di unificazione e lo spirito di scissione. Fu così anche dopo il 1945, alla fine di due anni di una Resistenza che fu, insieme, guerra di liberazione nazionale, lotta di classe e guerra civile. Ma una classe dirigente, forgiata alla scuola della Chiesa e del movimento operaio internazionale, pur divisa da opposte visioni della collocazione internazionale dell’Italia, seppe rappresentare lo spirito di unificazione, nonostante le persistenti e non sotterranee tendenze alla guerra civile. Così l’Assemblea costituente fece scelte di assetto istituzionale della repubblica, realisticamente coerenti con il quadro internazionale che si andava delineando nel dopoguerra. In seguito e abbastanza rapidamente la Repubblica ne ha sperimentato i limiti, che consistettero e consistono nel “governo debole”.
Cittadini e partiti per la Nuova repubblica
In questa primavera 2020 il raggio-laser che il Covid-19 ha puntato contro il corso “regolare” della Storia sul pianeta ha spaccato in profondità le economie, le società, le culture, le scienze, le politiche. Le nazioni e gli Stati ne sono usciti sfidati o sconvolti come non mai dall’ultima guerra mondiale.
Di fronte a noi stanno il formidabile crollo della produzione, l’aumento esponenziale della disoccupazione, la crescita verticale delle diseguaglianze sociali, la fibrillazione di consolidati paradigmi politico-culturali, la nuova guerra fredda sino-americana, la scoperta di una dimensione globale/locale del destino individuale.
Nessuna meraviglia che gli assetti politico-istituzionali nazionali siano sottoposti a stress ultimativi, soprattutto nel caso che siano perennemente e strutturalmente instabili, perché “a governo debole”. La fabula parla di noi Italiani, si intende. L’appuntamento costituente per definire un’istituzione forte di governo sta diventando una necessità storica per l’intero Paese e per qualsiasi forza politica che aspiri a governarlo.
Mentre il Governo compie la sua opera quotidiana, tocca alla società civile riflessiva, ai gruppi culturali, ai gruppi di interesse, ai mondi vitali, ai partiti politici istruire la discussione pubblica sulla nuova Repubblica. Sulla Repubblica necessaria per portare in salvo la navicula Italiae nell’oceano tempestoso del dopo-Covid-19. Su questo obbiettivo la convergenza non è possibile, è necessaria. Solo uno spirito costituente dei partiti, di maggioranza e di opposizione, può, nell’immediato, consentire alla maggioranza di governo di rispondere positivamente alle condizionalità dell’Unione europea e all’opposizione di preparare l’alternanza.
(Pubblicato su www.santalessandro.org il 6 giugno 2020)
E’ stato consigliere comunale a Milano e consigliere regionale in Lombardia, responsabile scuola di Pci, Pds, Ds in Lombardia e membro della Commissione nazionale scuola, membro del Comitato tecnico scientifico dell’Invalsi e del CdA dell’Indire. Ha collaborato con Tempi, il Riformista, il Foglio, l’ Avvenire, Sole 24 Ore. Scrive su Nuova secondaria ed è editorialista politico di www.santalessandro.org, settimanale on line della Diocesi di Bergamo.
Ha scritto “La caduta del vento leggero”, Guerini 2008, “La scuola è finita…forse”, Guerini 2009, “Scuola: rompere il muro fra aula e vita”, BQ 2016 ed ha curato “Che fine ha fatto il ’68. Fu vera gloria?”, Guerini 2018.