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Usaid, La Corte Suprema Usa contro Trump

Alessandro Maran sabato 8 Marzo 2025
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di Alessandro Maran

 

La Corte Suprema degli Stati Uniti ha respinto il tentativo dell’amministrazione Trump di congelare quasi 2 miliardi in aiuti esteri. Si tratta senza dubbio una vittoria per i sostenitori dell’assistenza allo sviluppo internazionale – e dell’autorità del Congresso – , ma la prassi consolidata di aiutare altri paesi deve affrontare sfide molto più grandi, e non solo negli Stati Uniti. Al punto che qualche giorno fa il Financial Times si è chiesto: “L’aiuto internazionale può sopravvivere in un ordine mondiale che sta cadendo a pezzi?”.

“Al centro del caso ci sono miliardi di aiuti esteri del Dipartimento di Stato e dell’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID) che Trump ha congelato a gennaio mentre cercava di ridurre le spese e di allineare quelle agenzie al suo programma”, come spiega John Fritze della CNN. “Diversi gruppi non profit che contano sui finanziamenti per la salute globale e altri programmi hanno fatto causa, affermando che le mosse dell’amministrazione hanno usurpato il potere del Congresso di controllare la spesa pubblica e violato una legge federale che detta le modalità con le quali le agenzie prendono le decisioni” (https://edition.cnn.com/…/supreme-court…/index.html).
Tuttavia, l’amministrazione Trump ha devastato USAID (https://edition.cnn.com/…/usaid-government…/index.html) con licenziamenti e sospensioni (https://edition.cnn.com/…/usaid-employees…/index.html). Il presidente Donald Trump si è scagliato contro determinati programmi definendoli uno spreco e, al suo ritorno in carica, ha firmato un ordine esecutivo (https://www.whitehouse.gov/…/reevaluating-and…/) per sospendere e rivedere tutti gli aiuti esteri, criticando “l’industria e la burocrazia” degli aiuti esteri allo sviluppo degli Stati Uniti come “non allineati con gli interessi americani e in molti casi antitetici ai valori americani”. È improbabile che il Congresso controllato dai repubblicani adotti una tale voce di spesa contro i desideri di Trump; persino un futuro Congresso controllato dai democratici farebbe fatica a far passare i finanziamenti per gli aiuti esteri scavalcando il veto presidenziale.
Più in generale, gli aiuti internazionali devono affrontare grandi ostacoli, argomento di una serie di articoli del Financial Times. Nella prima puntata, pubblicata martedì scorso con il titolo summenzionato, David Pilling del FT (https://www.ft.com/…/b3667445-a242-46fb-bcb3-0a21386ce355) constata sia l’allontanamento di Trump dagli aiuti sia i tagli al bilancio degli aiuti esteri del Regno Unito sotto il primo ministro laburista Keir Starmer (https://www.reuters.com/…/uk-development-minister…/).
“Gli Stati Uniti si sono ribellati all’idea stessa di dare una mano agli altri paesi”, scrive Pilling. “Anche prima della mossa dell’amministrazione Trump di soffocare USAID, JD Vance, vicepresidente, ha detto a Fox News: ‘Dovremmo amare prima la nostra famiglia, poi i nostri vicini, poi amare la nostra comunità, poi il nostro Paese, e solo dopo considerare gli interessi del resto del mondo’ (…) Anche l’Europa, l’altro grande donatore di aiuti insieme ad alcuni paesi ricchi dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (con sede a Parigi), è sotto pressione per tagliare gli aiuti esteri. I bilanci europei sono stati compressi dalla crescita lenta e dirottati verso priorità interne come l’alloggio dei richiedenti asilo o la gestione delle ricadute umanitarie della guerra in Ucraina”.
Lo stesso aiuto internazionale allo sviluppo potrebbe iniziare ad apparire sotto una luce diversa. Ken Opalo ha scritto di recente nella sua newsletter An Africanist Perspective che il paradigma degli aiuti allo sviluppo globale, distribuiti attraverso istituzioni come la Banca mondiale, il FMI e le banche di sviluppo regionali, ha fatto alcune cose buone “ma alla fine non è stato sufficiente ad aiutare i paesi a basso reddito a crescere e realizzare un cambiamento economico strutturale”. Ora, ha scritto Opalo, è finita. Alcuni tagli saranno permanenti e l’intera iniziativa diventerà meno altruistica e più palesemente egoistica: le filantropie e i think tank che circondano gli aiuti esteri subiranno pressioni “per seguire il carrozzone dei nazionalismi in materia di aiuti esteri dei loro governi e dei relativi programmi”, ha scritto Opalo (https://www.africanistperspective.com/…/what-will…).
Anche Pilling del FT prevede grandi cambiamenti. Questa situazione “potrebbe indebolire l’influenza occidentale nel cosiddetto sud del mondo, in particolare se Cina, Russia e altri cercano di colmare il vuoto” nell’aiutare i paesi a basso reddito. “C’è anche una domanda più grande sulla forma futura che gli aiuti assumeranno man mano che i governi riordineranno le loro priorità di spesa e potenzialmente renderanno gli aiuti uno strumento più esplicito dei loro interessi commerciali e geopolitici”.
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